venerdì 6 febbraio 2009

Il dolore di Nicola Corrado

Non ne aveva parlato mai. «A 18 anni la camorra mi ha portato via mio padre. Io, la camorra, la odio». Nicola Corrado, vice sindaco dimissionario di Castellammare, rifà i conti con la sua ossessione ora che i killer sono tornati a sparare in città. Tredici proiettili. Un'altra famiglia straziata, un incubo che torna per Castellammare e un dramma personale che riaffiora. Nicola Corrado, ex vicesindaco, porta da seimila giorni lo stesso distintivo sulla giacca. Contro i clan. La camorra, 17 anni fa, gli uccise il padre, Sebastiano, consigliere comunale dell'allora Pds. Ne parla con gli occhi rossi e la voce bassa, adesso che gli incubi ritornano nello stesso municipio e dentro di lui. «Sto rivivendo quel dolore. Come se accadesse tutto di nuovo. Sono smarrito. Come allora. Un'altra volta».


Corrado, qual è la sua lettura dell'omicidio di Tommasino?
«Quando si ammazza così platealmente, si lancia un segnale. La camorra dispone della vita degli altri. La camorra fa politica. è un partito trasversale senza ideologia. Fece il salto di qualità con il terremoto, adesso è a un bivio. Si sta attrezzando per i prossimi investimenti. Questo è il nemico. Perciò va affrontato con chiarezza».
I proiettili di martedì sera, il ricordo di suo padre. Corrado, le va di parlarne?
«Credo sia arrivato il momento. C'è una strada dolorosa che corre parallela alla mia vita e che ogni tanto incrocio. Come l'altra sera. Ho vagato per la città senza sapere dove andavo. Ho pensato al dolore di mia madre. Ho pensato a mio fratello, che all'epoca aveva 16 anni. Quasi come Raffaele».
Raffaele è il figlio del consigliere Tommasino, seduto in macchina accanto a lui durante l'agguato.
«Il mio primo pensiero è stato per lui. Subito. Vorrei abbracciarlo. Vorrei dargli la stessa forza che mi ha permesso di andare avanti. Vorrei dirgli che ce la può fare. Lui, e tutti gli altri giovani. Possono farcela. E' questo odio per la camorra che devo trasmettere».
A lei chi diede questa forza?
«Mia madre e mio fratello. Ce la siamo data a vicenda. Noi non siamo tre. Non più. Ora noi tre è come se fossimo molti di più».
Castellammare è sempre così piena di ombre?
«Qui siamo impegnati da anni in una sfida durissima ed esaltante, per definire il volto e l'identità di una comunità che ha avuto una grande storia, momenti bui e tristi, una crisi occupazionale, la crescita delle organizzazioni criminali».
Tanti progetti, il sogno di un rilancio legato al turismo, ora questo duro colpo. Che città è diventata Castellammare?
«Una città sospesa. Tra enormi preoccupazioni e grandi opportunità. Il modo migliore per reagire è non perdere di vista questo dato. E poi bisogna recuperare l'orgoglio delle cose fatte».
Come combatte una città contro i clan?
«Intanto i beni confiscati ai camorristi sono a disposizione della collettività. Da sei mesi uno degli immobili del clan D'Alessandro è sede di un'associazione che si occupa di immigrati. Anche simbolicamente è una sfida: sulla ricerca delle case e sulla tragedia dell'immigrazione la camorra costruisce degli affari».
Lei fece distribuire con il logo del Comune il libro "Gomorra" nelle scuole della città. Ci sarà un seguito?
«Sì. Due giorni fa abbiamo scelto di riprendere l'iniziativa adottando il libro di Raffaele Cantone, "Solo per giustizia". Le parole sono importanti. Ora vogliamo riprendercene un'altra».
Che significa?
«Quarantasei amministrazioni locali si stanno mettendo insieme in un'associazione anticlan che si chiama Onore Comune. Onore è una parola forte e bella, che quel mondo ci ha sottratto. Al bando va messo il disonore».
Tra le ombre di queste ore, lei fa l'elogio della chiarezza e del vero onore. Dopo l'omicidio di suo padre e dopo l'arrivo del presidente della Repubblica per il funerale, un'inchiesta su appalti e mazzette finì per tirarlo in ballo. Come visse da diciottenne questa seconda fase di dolore?
«E' stato per me un motivo in più per lavorare con stile e convinzione. Per non perdere di vista gli ideali forti».
Corrado, qual è il ricordo privato più bello di suo padre?
«La sua grande voglia di vivere. Più di lui, nessuno mai. Mi ha lasciato l'idea che la vita sia meravigliosa. Però me l'hanno portato via».

(Repubblica Napoli, 5 febbraio 2009)

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