venerdì 22 agosto 2008

Il senso del verbo abolire


C'è sempre qualcosa che spiazza nella parola abolire. Specialmente se il verbo viene usato al condizionale, un modo che il mio professore di matematica, il sardo professor Mauri, chiamava "sgarrupativo". Guastatore. Intendeva che c'è bisogno di una condizione affinché l'azione possa realizzarsi. Se la condizione non c'è, si "sgarrupa" il seguito della frase, si guasta, e se si "sgarrupa" di che cosa parliamo?
Ecco.
Quando sento "io abolirei", sto attento. Perché il condizionale getta una luce su cosa potrebbe succedere ove mai fosse realizzato il famoso "se", e dunque se il parlante davvero potesse. Soprattutto se è un potente, la cosa allarma. Se poi è il primo blogger d'Italia, ahia. Fa proseliti. E in genere "io abolirei" precede un complemento oggetto che non solo non piace a chi parla, ma che non gli è fino in fondo noto, una cosa o un fenomeno che più probabilmente non gli interessa davvero. "Io abolirei" nasce da un pregiudizio casomai da uno stato d'animo, non da un ragionamento. L'ho fatta lunga. Stringo. Perciò dire: io abolirei le Olimpiadi è deludente. E' da superficiali. Un potente non può essere superficiale. Se è per questo, io abolirei gli yacht.

1 commento:

Idefix ha detto...

purtroppo Grillo mi dà l'impressione di avere continuamente bisogno di autorigenerare il suo controcorrentismo. Ma il controcorrentismo per partito preso è sempre pericoloso e, spesso, mi disgusta. Certo e si allenasse un decimo di quanto sudano quelli che sono a pechino a difendere "i nazionalismi", come dice lui, non avrebbe quella panza. Si', lo so, neanche io avrei la mia panza se lo facessi. Ma almeno non parlo male delle olimpiadi.