EPPURE c’era chi ci aveva avvertito. «Destro è più forte di Higuaín». Una radio telefona a Beppe Savoldi, titolato a parlare di Bologna-Napoli dall’alto dei centocinquanta gol più uno fatti di qua e di là, e quello legge dentro chissà quale intestino o fegato l’aruspicina della domenica. «È più freddo dell’argentino. Se giocasse lui nel Napoli, segnerebbe di più». Arrivederci, linea allo studio.
Ovviamente in studio e fuori tutti a ridere, questo è il destino dei profeti, un po’ perché in genere la sparano grossa e un po’ perché gli tocca sempre andare controvento. Così, mentre nel magico mondo che cambia idea ogni settimana si sente dire che Higuaín è il miglior nove della serie A, anzi del mondo, più forte di Suárez, anzi è il Messi del Napoli, uno da Pallone d’oro; il Tiresia di Gorlago un tempo valutato due miliardi di lire diffonde on air il suo presagio. E ci prende. O meglio, per questa domenica ci prende: Destro è più forte di Higuaín. Due ne fa lui e due quell’altro che cammina sulle acque, ma i suoi gol come ha scritto Gianni Mura sono più utili alla causa.
Bisogna ricordarsi da dove Mattia Destro viene, per capire come mai quando segna al Napoli mette le mani alle orecchie e dice “non vi sento”, recriminatorio un po’. Quando a gennaio scorso lascia la Roma per il Milan, Garcia prende il coraggio a due mani e si sbilancia in un modo che nel calcio dei prudenti è quantomeno irrituale: «Arriverà un attaccante più forte di Destro», assicura. Era Doumbia. Al contrario di Savoldi, il povero Rudi viene bocciato all’esame d’iscrizione all’albo degli indovini. Così, al mercato successivo, estate scorsa, la Roma si cerca un altro centravanti, un uomo che possa ripetere almeno i 13 gol del Destro annata 2014. Lo individua in Džeko e giustamente il suo popolo esulta: «È più forte di Doumbia». Solo che ora, unendo i fili, la storia si complica. Per la proprietà transitiva, Džeko è più forte di Doumbia che era più forte di Destro che era più forte di Higuaín che era più forte di Suárez che al mercato mio padre comprò. Per non dire che quattro anni fa l’agente Martina giurava: «Matavž è più forte di Džeko».
Non c’è settimana in cui alla fiera del pallone non si cambi parere. Mutevole è il calcio sopra ogni cosa, o per dirla alla Zoff dura solo un attimo la gloria. Higuaín era da deridere e da vendere dopo due rigori sbagliati ed è un uomo scudetto oggi, anzi l’altro ieri.
Destro passa da prestito che non valeva la pena riscattare a miglior attaccante italiano e forse più. Doumbia a Mosca ha ripreso a segnare e Matavž è ancora senza gol dopo tredici partite. Se fosse un mondo fondato sull’equilibrio, non si dovrebbe invocare il diritto all’oblio per frasi come «Amoruso è più forte di Higuaín» (Enrico Fedele, ottobre 2013) o «Spinesi in area è più forte di Cavani » (Giuseppe Mascara, febbraio 2015). Fa male perciò Destro a spalancarsi le orecchie, meglio sarebbe tapparsele e andare avanti, seguire la propria via, urlare ”non vi sento” ma nel senso di “non voglio, non mi interessa”. È solo una mano di giudizi che tra un istante cambieranno: Tevez era insostituibile fino a settembre, oggi Dybala è più forte di lui. Tanto al più presto si rimischia il mazzo e si ridanno le carte. L’unica cosa immutabile è che Maradona è meglio ‘e Pelé.
(da la Repubblica dell'8 dicembre 2015)
Ovviamente in studio e fuori tutti a ridere, questo è il destino dei profeti, un po’ perché in genere la sparano grossa e un po’ perché gli tocca sempre andare controvento. Così, mentre nel magico mondo che cambia idea ogni settimana si sente dire che Higuaín è il miglior nove della serie A, anzi del mondo, più forte di Suárez, anzi è il Messi del Napoli, uno da Pallone d’oro; il Tiresia di Gorlago un tempo valutato due miliardi di lire diffonde on air il suo presagio. E ci prende. O meglio, per questa domenica ci prende: Destro è più forte di Higuaín. Due ne fa lui e due quell’altro che cammina sulle acque, ma i suoi gol come ha scritto Gianni Mura sono più utili alla causa.
Bisogna ricordarsi da dove Mattia Destro viene, per capire come mai quando segna al Napoli mette le mani alle orecchie e dice “non vi sento”, recriminatorio un po’. Quando a gennaio scorso lascia la Roma per il Milan, Garcia prende il coraggio a due mani e si sbilancia in un modo che nel calcio dei prudenti è quantomeno irrituale: «Arriverà un attaccante più forte di Destro», assicura. Era Doumbia. Al contrario di Savoldi, il povero Rudi viene bocciato all’esame d’iscrizione all’albo degli indovini. Così, al mercato successivo, estate scorsa, la Roma si cerca un altro centravanti, un uomo che possa ripetere almeno i 13 gol del Destro annata 2014. Lo individua in Džeko e giustamente il suo popolo esulta: «È più forte di Doumbia». Solo che ora, unendo i fili, la storia si complica. Per la proprietà transitiva, Džeko è più forte di Doumbia che era più forte di Destro che era più forte di Higuaín che era più forte di Suárez che al mercato mio padre comprò. Per non dire che quattro anni fa l’agente Martina giurava: «Matavž è più forte di Džeko».
Non c’è settimana in cui alla fiera del pallone non si cambi parere. Mutevole è il calcio sopra ogni cosa, o per dirla alla Zoff dura solo un attimo la gloria. Higuaín era da deridere e da vendere dopo due rigori sbagliati ed è un uomo scudetto oggi, anzi l’altro ieri.
Destro passa da prestito che non valeva la pena riscattare a miglior attaccante italiano e forse più. Doumbia a Mosca ha ripreso a segnare e Matavž è ancora senza gol dopo tredici partite. Se fosse un mondo fondato sull’equilibrio, non si dovrebbe invocare il diritto all’oblio per frasi come «Amoruso è più forte di Higuaín» (Enrico Fedele, ottobre 2013) o «Spinesi in area è più forte di Cavani » (Giuseppe Mascara, febbraio 2015). Fa male perciò Destro a spalancarsi le orecchie, meglio sarebbe tapparsele e andare avanti, seguire la propria via, urlare ”non vi sento” ma nel senso di “non voglio, non mi interessa”. È solo una mano di giudizi che tra un istante cambieranno: Tevez era insostituibile fino a settembre, oggi Dybala è più forte di lui. Tanto al più presto si rimischia il mazzo e si ridanno le carte. L’unica cosa immutabile è che Maradona è meglio ‘e Pelé.
(da la Repubblica dell'8 dicembre 2015)
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