Sessantaquattro anni, da 17 sulla panchina dell’Arsenal. L’allenatore più longevo in Premier League dopo l’addio di Ferguson al Manchester United. Criticato in estate dai tifosi per aver fallito gli obiettivi sul mercato, con 50 milioni ha sottratto Özil al Real nell’ultimo giorno di trattative e riportato Londra in testa alla classifica. Martedì sfida l’amico Benítezin Coppa dei Campioni. Il ritratto dell’allenatore francese attraverso le sue frasi più famose.
Lui e il lavoro
“Ho cominciato ad allenare a 33 anni e qualche volta ho creduto che non sarei sopravvissuto”.
“Nessuno possiede abbastanza talento per vivere di solo talento. Una vita senza fatica non ti porta da nessuna parte”.
“Cosa faccio nel mio tempo libero? Guardo il calcio”.
“Noi all’Arsenal non compriamo superstar, noi le costruiamo”.
lunedì 30 settembre 2013
Il calcio di Wenger in quindici frasi
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venerdì 27 settembre 2013
Papà, perché siamo dell'Atlético Madrid?
Sono da sempre i parenti poveri del Real. I materassai. Vendono i loro campioni. Non vincono un derby in campionato dal 1999. Ma sanno diffondere l'amore per la loro squadra come nessun altro al mondo. E stavolta arrivano al Bernabeu da primi in classifica. Quelli dell'Atlético Madrid.
Sono passati dodici anni. Dodici anni dal giorno in cui la macchina si ferma al semaforo, il bambino getta lo sguardo fuori dal finestrino, assorto, poi domanda Papà perché siamo tifosi dell'Atlético? E il papà muto, gli occhi che ruotano verso il sedile posteriore, un mezzo sorriso accennato. "Non è facile da spiegare, però è qualcosa di grande, molto grande", risponde al suo posto una frase scritta sullo schermo, prima che appaia lo scudo di Madrid, dell’Atlético Madrid.
Sono passati dodici anni. Dodici anni dal giorno in cui la macchina si ferma al semaforo, il bambino getta lo sguardo fuori dal finestrino, assorto, poi domanda Papà perché siamo tifosi dell'Atlético? E il papà muto, gli occhi che ruotano verso il sedile posteriore, un mezzo sorriso accennato. "Non è facile da spiegare, però è qualcosa di grande, molto grande", risponde al suo posto una frase scritta sullo schermo, prima che appaia lo scudo di Madrid, dell’Atlético Madrid.
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mercoledì 25 settembre 2013
Tutto quello che sappiamo sul calcio è sbagliato
Angoli, tiri in porta, possesso palla: tutto quello che sappiamo sul calcio è sbagliato. Ma proprio tutto. Ci rimproverano un ex portiere della serie D tedesca, oggi docente universitario di scienze sociali, e un analista di strategie di gioco. Chris Anderson e David Sally si sono messi a esaminare 8.232 partite tenute fra il 2005 e il 2011 in Inghilterra, Germania, Spagna e Italia. Per giungere alla conclusione che certe cose nel calcio sembrano verità supreme solo perché "si è sempre fatto così". Male. Molto male. Il loro calcio visto al rovescio lo hanno raccontato nel libro "The Numbers Game (ed. Penguin, 12,99 sterline), un volume che in questi mesi ha aperto un dibattito in Inghilterra sul lavoro degli analisti e sulle potenzialità di un'eventuale sabermetrica nel pallone. La sabermetrica è l'analisi del baseball attraverso le statistiche resa celebre dal film Moneyball. Si può leggere il calcio in modo nuovo, scientifico, con quegli occhiali lì? Anderson e Sally dicono che non di rilettura si tratterebbe, ma di una rivoluzione.
lunedì 16 settembre 2013
La tecnologia nello sport
«Ehi, arbitro, sostituzione». Il coach guarda l'iPad in panchina e decide che è il momento di cambiare. Più che decidere, esegue. La sostituzione in realtà l'ha suggerita una app. L'ha consigliata confrontando la scheda sugli infortuni passati del giocatore e i dati. Dopo, un po' alla volta, abbiamo visto calciare palloni con un microchip all'interno verso porte di calcio su cui sono puntate delle telecamere, il campionato inglese ha appena adottato il Goal Decision System: quando la linea bianca è superata, l'arbitro riceve un impulso sul suo orologio. Abbiamo visto tennisti fermare il gioco per puntare lo sguardo all'insù e controllare su un maxi schermo se il colpo era dentro o fuori. Abbiamo assegnato in Italia uno scudetto di pallacanestro con l' instant replay, la moviola a bordo campo. E oggi, tra porte di pallanuoto che si illuminano allo scadere del tempo consentito per il tiro e spade collegate in wireless con la postazione dei giudici di scherma, la frontiera si è spostata un po' più in là. O forse la frontiera non c'è più.
martedì 10 settembre 2013
La dannazione del calcio ceco: una foto sbagliata in una notte storica
Europei 1976. Germania battuta in finale. La notte in cui Panenka inventò il rigore a cucchiaio. L'unica vittoria internazionale del calcio ceco. Ma di quella notte resterà un'immagine sbagliata: la Coppa sollevata con le maglie degli avversari. Per la rabbia degli ufficiali comunisti.
Facile oggi. Si guarda lo schermo e se la foto non ci piace la rifacciamo. Clic. Ecco. Ora va bene. Ma prima dell'era digitale, era la dittatura del rollino a stabilire la caratura dei nostri ricordi. Fissavi l'attimo, ma davvero, e se l'attimo era quello sbagliato, amen, restava guasto nei secoli dei secoli. È la condanna che il calcio ceco ha scoperto di dover vivere dal '76 a oggi, dalla notte in cui per la prima e unica volta nella sua storia vinse qualcosa. La sera che in genere ricordiamo per il cucchiaio di Panenka.
Facile oggi. Si guarda lo schermo e se la foto non ci piace la rifacciamo. Clic. Ecco. Ora va bene. Ma prima dell'era digitale, era la dittatura del rollino a stabilire la caratura dei nostri ricordi. Fissavi l'attimo, ma davvero, e se l'attimo era quello sbagliato, amen, restava guasto nei secoli dei secoli. È la condanna che il calcio ceco ha scoperto di dover vivere dal '76 a oggi, dalla notte in cui per la prima e unica volta nella sua storia vinse qualcosa. La sera che in genere ricordiamo per il cucchiaio di Panenka.
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sabato 7 settembre 2013
Il centravanti che avvitava coperchi sui vasetti
Due partite in nazionale, due gol. Lui che ha debuttato solo adesso, a 31 anni, senza aver mai conosciuto la Coppa dei Campioni e dopo tanto cammino in serie C e D. Lui che lavorava per 20 sterline al giorno in una fabbrica di barbabietole. Lui che sboccia nel pieno della crisi di talenti del calcio inglese e gioca al posto di Rooney. Rickie Lambert, il centravanti dell'Inghilterra venuto dal nulla.
Dieci anni fa era solo una riserva dello Stockport e nel 2005 giocava in serie D. Adesso lo chiamano eroe. I giornali inglesi, il suo ct Hogdson, la folla allo stadio. Adesso che di anni ne ha trentuno, e quasi nessuno più s'aspettava che Rickie Lambert da Liverpool potesse diventare il centravanti della nazionale.
Dieci anni fa era solo una riserva dello Stockport e nel 2005 giocava in serie D. Adesso lo chiamano eroe. I giornali inglesi, il suo ct Hogdson, la folla allo stadio. Adesso che di anni ne ha trentuno, e quasi nessuno più s'aspettava che Rickie Lambert da Liverpool potesse diventare il centravanti della nazionale.
mercoledì 4 settembre 2013
Storia di Stiliyan Petrov e del minuto 19
Centosei partite con la sua nazionale, due volte avversario degli azzurri dopo il Mondiale vinto da Lippi, ha lasciato il calcio a marzo 2012 quando gli diagnosticarono la leucemia. Mentre era in cura, i tifosi dell'Aston Villa lo hanno ricordato durante ogni partita in casa con un applauso al minuto 19, il suo numero di maglia. Ma quell'applauso, ora, Stiliyan Petrov non lo vuole più. E torna in campo per beneficenza.
Arteta calciò forte in porta, Given si lanciò sulla sinistra col braccio disteso e non ci arrivò. Stiliyan era piazzato in barriera. Vide passare la punizione di lato e capì che prendere un gol al 93' sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe fatto su un campo di calcio.
Arteta calciò forte in porta, Given si lanciò sulla sinistra col braccio disteso e non ci arrivò. Stiliyan era piazzato in barriera. Vide passare la punizione di lato e capì che prendere un gol al 93' sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe fatto su un campo di calcio.
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