sabato 7 settembre 2013

Il centravanti che avvitava coperchi sui vasetti

Due partite in nazionale, due gol. Lui che ha debuttato solo adesso, a 31 anni, senza aver mai conosciuto la Coppa dei Campioni e dopo tanto cammino in serie C e D. Lui che lavorava per 20 sterline al giorno in una fabbrica di barbabietole. Lui che sboccia nel pieno della crisi di talenti del calcio inglese e gioca al posto di Rooney. Rickie Lambert, il centravanti dell'Inghilterra venuto dal nulla.

Dieci anni fa era solo una riserva dello Stockport e nel 2005 giocava in serie D. Adesso lo chiamano eroe. I giornali inglesi, il suo ct Hogdson, la folla allo stadio. Adesso che di anni ne ha trentuno, e quasi nessuno più s'aspettava che Rickie Lambert da Liverpool potesse diventare il centravanti della nazionale.
Una storia così la chiamiamo favola perché abbiamo smesso di credere che possa essere vera, abbiamo smesso di credere nel merito, all'ipotesi che un uomo riesca a vedere riconosciuto il suo valore anche tardi, perché tardi sembra nel calcio l'età di trentuno anni. Ma tardi alla fine non è, c'è solo da andarsi a prendere un'occasione, non attenderla, prenderla, altrimenti di aspettare non si finirebbe mai. Rickie è andato a cercarsela. Ha fatto il giro lungo, ha lavorato per 20 sterline al giorno in una fabbrica, avvitava i coperchi sui vasetti delle barbabietole. Adesso è qui. E' qui a dirci che non esistono gli incompresi, non esistono i sottovalutati. Se sei bravo, il primo pallone che passa lo butti dentro. E su un campo di calcio c'è sempre un pallone che passa. I sopravvalutati, certo, quelli abbondano. Fanno un gol al volo da fuori area una sera, danno una bella intervista e ci costruiscono sopra una carriera. Facile così. Comodo. Poi ci sono i Rickies, uno arrivato in nazionale nel giorno in cui la sua compagna Amy faceva nascere Bella, la loro terza figlia. Amy capì, disse vai, ci sarà tempo per la bambina, e tempo hai già speso con gli altri due.

Il tempo, ecco. Centosessantasei secondi per segnare il primo gol in nazionale. A Wembley. Contro la Scozia. Amichevole. Metà agosto. Esce Rooney, entra Lambert, che gioca in una squadra non di prima fila come il Southampton. Al primo pallone che tocca, di testa, fa gol. Il gol della vittoria. Tre a due. L'occasione che passa. Presa. Allora Hogdson lo ha richiamato per la partita dell'altra sera, qualificazione mondiale contro la Moldova, stavolta dandogli un posto da titolare, per le assenze di Rooney e Sturridge. Ancora gol. Più un assist spettacolare. Perché Lambert non è solo muscoli e potenza. Per essere un centravanti venuto fuori da quella matrice lì, ha anche piedi discreti. E' un inglese che nel suo curriculum non ha neppure una partita di Coppa dei Campioni, ma è tra i pochi nel Paese ad aver segnato in serie A, B, C e D. Adesso pure in nazionale. Power to the people. Il proletariato al potere.

Un'ascesa, la sua, che coincide con il grido di dolore lanciato dai vertici della Federcalcio: poveri noi, non abbiamo più campioni, i club non fanno niente per tirarne su. Nell'estate del mercato da 628 milioni di sterline, lo stesso Southampton è andato a cercarsi un altro attaccante (il romanista Osvaldo) da sovrapporre a Lambert. Perciò la cosiddetta favola di Rickie è diventata allo stesso tempo il segno dell'abisso in cui il calcio inglese sente di essere sprofondato. Delight and desperation, delizia e disperazione, scrive il Telegraph, lo stesso quotidiano che qualche settimana fa ha lanciato l'allarme sui settori giovanili che non sanno più produrre numeri 10, indicando in Lorenzo Insigne un tipo di calciatore che l'Inghilterra non riesce a costruire. Greg Dyke, nuovo presidente federale, agita con nostalgia i bei tempi andati, si dondola nel ricordo dei giorni in cui l'Inghilterra aveva i Fowler e gli Owen, e Shearer, e Lineker, e Greaves. Anni in cui molti talenti mettevano insieme appena 2-3 presenze in nazionale, tanta era la scelta, tanta era la concorrenza. Ora, Lambert sarà anche il figlio della carestia, ma l'Inghilterra non ha vinto nulla neppure quando aveva le campagne che abbondavano di frutti saporiti. E tutto sommato se andrà in Brasile, sarà grazie al centravanti che avvitava i coperchi sui vasetti.

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