Napoli, dove le bici affollano i romanzi più che altrove. Dove la bici è desiderio.
"Ho trovato, sotto il mio cuscino, un suo biglietto con queste parole: E ora me la compri la bicicletta?" (Giuseppe Marotta, Strettamente confidenziale). Dove la bici è solenne ricompensa. "Ho sempre desiderato che qualcuno, particolarmente soddisfatto del mio lavoro, mi regalasse una bicicletta" (ancora Marotta, I Dialoghi). Prendete Rea. Domenico Rea. Per lui la bici è compagna di struggimento d'amore. "Sulla bicicletta lei disse: - Non dire niente a nessuno. - Sarei pazzo. Io ti amo... - Ci vediamo domani alla stessa ora e allo stesso posto" (Ninfa Plebea). E' attraente, seduce, sfila come una modella, "col telaio rivestito di un manicotto di pelliccia grigia, con i raggi luccicanti come la ruota del sole all'aurora (Una vampata di rossore).
La bici, quando scrive Peppe Lanzetta, porta con sé fragori di gioia. "Domenica di maggio di bambini esplosi nel giocare sui pattini in villacomunale, sulle bici, persi nei palloni di tutte le misure, persi nelle Tshirt, nelle tute, felpe, canottiere e le mamme apprensive mollano un po' la presa (Un amore a termine). E ancora: "Era una calda giornata di fine giugno. L'appartamento di Rosa era in un parco popolare a ridosso di via Epomeo, gente che va, gente che viene, bambini, ciclomotori, biciclette, panettieri, salumieri, ragazzi che portano la spesa, casino, clacson. (Incendiami la vita). Casino, ecco. E' un oggetto a cui non si rinuncia lasciando casa. "Le macchine sfilavano con i materassi attaccati sopra, e sopra i materassi quasi sempre delle biciclette e delle bagnarole. (Figli di un Bronx minore). E' un oggetto di sogni e di visioni. E' una porzione di meraviglia per Raffaele La Capria, che la fa sbucare a sorpresa nel suo Ferito a morte: "E quel...? Sott'acqua le cose acquistano meraviglia. Ah! E' una gomma di bicicletta. Stamattina pure se si muove un mazzone - come le lucertole si muovono, mimetizzati nella sabbia - pure quello puoi vedere. Con un'acqua così!".
La bici è il domani. E' promessa di giorni migliori, come scrive Domenico Starnone: "Anch'io non ho mai associato l'avvenire radioso ai raggi del sole. Piuttosto ho pensato sempre ai raggi della bicicletta. Mi immaginavo l'avvenire come una pedalata che misteriosamente trasformava l'ordinato intrico di segmenti metallici in un disco compatto di aria raggiante. "Gli venne incontro con aria raggiante, avevo letto alle elementari e l'avvenire era finito lì dentro, nel vortice radioso che permetteva ai miei compagni chini sul manubrio di corrermi incontro per la piazza. Il futuro era possedere una bicicletta". (Fuori registro). La bici è il presente. E' compagna di fuga e di avventura. Ancora Starnone: "Mio padre sapeva il fatto suo. Viaggiò in bicicletta per i boschi, tra frulli e lamenti di uccelli notturni, finché non trovò un macellaio in una sperdutissima campagna. Lì spese tutte le tremila lire che aveva e tornò a casa con otto chili di carne. Per ingannare gli eventuali ladri, ordinò alla moglie di confezionare delle sacche di tela impermeabile. Se le fece sistemare addosso: quattro sotto la camicia, che gli scendevano su spalle e petto; due sulle cosce; due sui fianchi, sotto i pantaloni. La carne era gelata e a quel contatto sulla pelle si sentì morire per il freddo e il ribrezzo, ma poi si fece animo. Salutò Rusinè, salutò il figlio e partì per Napoli. Pedalò alacremente sfuggendo ai ladri. Pedalò con un'espressione così feroce sul viso, che non solo poliziotti e guappi evitarono di disturbarlo, ma nessuno per strada si azzardò a dirgli nemmeno buongiorno" (Via Gemito).
E' ancora più apocalittico Ruggero Cappuccio in Fuoco su Napoli: "Alle spalle di tutti, un uomo in bicicletta si ferma: estrae da una tasca dell'impermeabile una calibro nove con caricatore bifilare e spara. Spara. Spara. I quattro motociclisti sono tutti feriti, solo uno di loro ha sventagliato una raffica di proiettili contro il ciclista, ma è andata a vuoto. Un altro corre via tenendosi un braccio".
Un Giro a Napoli l'aveva ambientato tutto intero Luigi Compagnone con il suo Dentro la Stella. Una corsa in scala, in miniatura. "Grandi amici e grandi campioni ciclisti, noi: Learco Guerra lui, io Alfredo Binda. Si prendeva a fitto le biciclette, e il quartiere Stella diventava Italia, pianure e montagne, e Giro d'Italia per noi due, ragazzi di undici anni".
Che oggi la corsa vera parta da Napoli, pare quasi naturale. Che siano passati 50 anni dall'ultima volta, pare impossibile.
E poi quando uno dice bicicletta e subito dopo dice Napoli, come si fa a non pensare a Massimo Troisi?
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