C'è una frase in un film da cui vale la pena partire. Il film è la Carica dei 101, la frase è pronunciata da Gaspare, uno dei due improbabili furfanti che provano a rubare i cani per conto di Crudelia. Gaspare si avvicina ai cuccioli che stanno scappando e dice "Venite, venite dallo zio". Dallo zio. Perché dallo zio? Perché la rappresentazione culturale diffusa dello zio è quella del peggior fetente possibile?
I crimini di re Claudio e i suoi progetti tetri sul conto del nipote Amleto sono forse il punto più alto sul tema in letteratura, evocato e ripreso pari pari nel Re Leone con zio Scar e il piccolo Simba. Così come fra storia, leggenda, letteratura e cartoon si piazza la crudeltà del principe Giovanni, il medievale usurpatore del trono di re Riccardo e zio della Lady Marian cara a Robin Hood. Lo Scrooge di Dickens, che ne parliamo a fare. Sempre in Dickens, lo zio Hardwicke dei Misteri di Londra spinge l'orfano Nicholas verso il collegio e la sorellina Howes alla prostituzione.
Laido, perfido, ambiguo. Questo è lo zio. Anche nella letteratura italiana. Il conte zio di Manzoni è liquido e subacqueo nel tessere la manovra che deve incastrare padre Cristoforo. Il Gramo di Calvino, visconte dimezzato, è sul nipote narratore che vorrebbe accanirsi. Al cinema? C'è tutto il non detto di Totò (dal teatro di Scarpetta, Miseria e nobiltà) nella frase "Questa nipote me la vorrei interrogare". C'è lo zio indegno di Brusati. Per non dire di Buñuel e Viridiana, dove il ricco zio prova a violentare la bella orfanella che vuole farsi suora. Lo stupro da parte di uno zio è pure in Once We Were Warriors, ed è un topos che Carmen Consoli cavalca e canta nell'ultimo cd Elettra (Ho messo il rossetto rosso in segno di lutto / E un soprabito nero / Era un uomo distinto mio zio. Madre non piangere, ingoia e dimentica / Le sue mani ingorde tra le mie gambe / Adesso sta in grazia di Dio. Brava bambina fai la conta / Chi cerca prima o poi trova / Gioiuzza fallo ancora / Che zio ti porta alla giostra). Ero uno zio l'uomo a cui Gaber chiedeva conto su quanto accaduto nel Ventennio: Caro vecchio zio fascista / a vederti innaffiare le tue rose / ancora non mi entra nella testa / come hai potuto fare certe cose. Ed è un mafioso lo zio del fragile Charlie in Mean Streets di Scorsese.
Perché allora? Uno si chiede: perché una rappresentazione tanto negativa dello zio? Un pensiero che si insinua in noi sin da bambini, quando sfogliando Topolino facciamo i conti con zio Paperone. Sì, certo, poi zio Tobia ci accompagna con una dolce filastrocca tra gli animali della sua vecchia fattoria, ma a questo punto sarà pure giusto chiedersi come li tratta, zio Tobia, questi animali, c'era il cane bau, gatto miao, e soprattutto perché le chiama bestie, e non animali? Perciò pure su zio Tobia il dubbio c'è. Massimo Troisi ha raccontato alla sua maniera la minaccia che si faceva ai bambini ai miei tempi dalle mie parti: ti faccio mangiare da zio. E sempre dalle mie parti, per dire che una persona non conta niente, la chiami zì nisciuno, uno zio nessuno.
Da dove nasce tanto livore? Per la zia non è così, e non solo grazie alle suggestioni nate con Samperi. Non mi pare ci sia un retaggio religioso. Non ci sono zii all'origine della cacciata dall'Eden, né intorno a Gesù. Lo stesso per Siddharta. Abu Lahab, zio di Maometto, è sì una figura negativa nell'Islam, ma bilanciata da Abu Talib, fratello germano del papà di Maometto, che non abbraccerà la religione ma del profeta si prenderà cura. In questa micro indagine del tutto superficiale, la psicologia ci fornisce la figura di Creonte, fratello del padre di Edipo, e l'antropologia ci offre l'avunculus, lo zio materno simbolo di un sistema patrilineare. Ma non sono sufficienti secondo me a spiegare tanta carica di odio.
Da dove nasce tanto livore? Per la zia non è così, e non solo grazie alle suggestioni nate con Samperi. Non mi pare ci sia un retaggio religioso. Non ci sono zii all'origine della cacciata dall'Eden, né intorno a Gesù. Lo stesso per Siddharta. Abu Lahab, zio di Maometto, è sì una figura negativa nell'Islam, ma bilanciata da Abu Talib, fratello germano del papà di Maometto, che non abbraccerà la religione ma del profeta si prenderà cura. In questa micro indagine del tutto superficiale, la psicologia ci fornisce la figura di Creonte, fratello del padre di Edipo, e l'antropologia ci offre l'avunculus, lo zio materno simbolo di un sistema patrilineare. Ma non sono sufficienti secondo me a spiegare tanta carica di odio.
Tutto ciò per dire che erano queste domande senza risposta a turbarmi l'altro giorno, quando un ragazzo nell'autobus s'è alzato dal suo posto e mi ha detto: 'O zì, sedetevi voi.
2 commenti:
:)
e però... per fortuna ci sono pure gli zii così ...
L'avunculus secondo me ha qualche responsabilità in quanto simbolo, il cugino è troppo banalmente reale nei suoi compiti, molestare e/o coprire cugine. Ricordo la mia compagna di scuola innamorata dello zio materno, e un tale che sposò la nipote dopo l'abuso. La bellezza, il pregio dei due zii. Non così lo zio di Marianna Ucria, che la rese muta..
Gran bel post!
saluti
m.ang
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