giovedì 17 dicembre 2009

Senza una donna come siamo lontani


Ora che la Corte costituzionale ha dato il via libera alla nuova legge elettorale della Regione Campania, mentre i promotori esprimono soddisfazione e la corsa al posto è cominciata, bisognerebbe ragionare sul perché questa non è realmente una legge dalla parte delle donne.
La legge prevede che ciascun elettore possa esprimere due preferenze sulla scheda per il consiglio regionale, a patto che si tratti di due preferenze di genere diverso. Un uomo e una donna. O una donna e un uomo. Altrimenti la seconda preferenza sarà cancellata.
Perché la legge penalizza le donne, lo capisce finanche un uomo.
Uno: se io volessi votare due donne, e lo vorrei (e probabilmente lo vorrebbero anzi dovrebbero volerlo proprio le donne), ebbene non posso. Una, e basta.
Due: la legge, che giustamente la Corte non ritiene anticostituzionale, mette le donne nella ignobile condizione di doversi associare a un uomo, meglio se a uno dei celebri possessori di pacchetti di voto, per avere la certezza di farcela.
Tre: la presunta parità di opportunità, il presunto rapporto uno-uno in potenza, non si tradurrà in analogo rapporto all'atto dello scrutinio. Lo stesso Ciarlo, papà della legge, ipotizza che con questo metodo le donne elette saranno sette otto, al massimo dieci. Perché tra i famosi signori del consenso, i possessori dei pacchetti di voto, ci sarà chi voterà (e farà votare) solo per se stesso. Lasciando bianca l'altra casella. Si può.

Ciarlo dice: sette otto donne, sempre meglio delle due di oggi. Forse sì. Ma sempre peggio della possibilità di avere un consiglio regionale con 58 donne e 2 uomini. Questa legge viene molto elogiata solo perché cancella una grande porcheria, il listino, e salva le preferenze, sistema che i partiti da un po' guardano con sospetto. Da noi, al sud, le preferenze vengono accusate di favorire il voto clientelare e di generare una classe dirigente mediocre. Falso. Questo è l'effetto. La causa non sono le preferenze, ma la pessima selezione fatta dai partiti a monte. Sono loro a stabilire chi va in lista. Se le liste fossero formate da candidati di qualità, le preferenze dei cittadini produrrebbero consigli di qualità.
Tornando alla legge per il consiglio regionale della Campania, la soluzione per garantire il vero rispetto delle vere pari opportunità sarebbe stata semplice. Bastava stabilire che ciascun partito dovesse presentare 60 candidati, di genere diverso nella misura del 50%. Trenta uomini e trenta donne in lista, nessun privilegio per nessuno, democrazia vera, va in consiglio chi gode del maggior consenso popolare. Dispiace non aver sentito neppure una donna chiederlo, accontentandosi della minima rappresentanza decisa dagli uomini per quelle poche che saranno nella coppia giusta. La parità si fa in partenza, non all'arrivo.

Vecchie cose dette sulla legge
E sennò candidiamo i panda
Donne du-du-du

2 commenti:

d.l. ha detto...

dispiace anche a me

Idefix ha detto...

è la logica di "uomini e donne" applicata alla politica: in tv gli uomini cercano di rimorchiare le donne, alle elezioni le donne vanno a rimorchio.