martedì 5 maggio 2015

Natale a Gomorra è un trattato sull'idea di Napoli

All'inizio non ci credevo. Pensavo fosse un gioco di prestigio dello scrittore Marco Ciriello, una di quelle finzioni in stile borgesiano che illuminano il suo blog (leggetevi per esempio la recensione al finto film di Alan Parker su Maradona). Invece davvero a dicembre avremo al cinema "Natale a Gomorra" e prima ancora di sapere qualcosa di più sul film e sulla sua natura, l'annuncio già dice alcune cose illuminanti su Napoli e sull'idea di Napoli. Le dice meglio di un trattato.

Perché il titolo vorrebbe tenere insieme, magari con naturalezza, i due nuclei narrativi con cui la città è stata riconosciuta negli ultimi anni, i nuclei con cui viene immediatamente percepita in ambito nazionale, appena esporta se stessa fuori Bagnoli dazio. La risata naturale e la vita criminale. La sua luce più scontata e il suo risvolto dark. La simpatia e l'efferatezza. Tenere insieme i tratti distintivi dell'illustrazione napoletana, le due facce più esposte della fabula è un'operazione non solo da blockbuster, non solo parodistica, ma quasi accademica. Del resto la Napoli degli ultimi anni, nelle sue forme di successo, si è nutrita quasi in esclusiva della serialità. Sono seriali i romanzi di Maurizio De Giovanni, seriale è Made in Sud, come seriali furono Un posto al sole e poi La squadra. Seriali sono i cinepanettoni di De Laurentiis, produttore che associamo a Napoli sebbene Maurizio Braucci (scrittore, sceneggiatore di Gomorra) lo abbia definito ieri sul Mattino, ovviamente piccato, un romano alla guida della squadra di calcio più amata del Mezzogiorno. Anche Roberto Saviano, scrittore costretto da Gomorra a vivere sotto scorta, non sarà felice del film in arrivo e presto forse ne registreremo la contrarietà. Seriali sono state le linee melodiche con cui la canzone napoletana si è fatta amare nel mondo. Seriale è stato il successo di Gomorra: dalla magnifica scintilla iniziale del libro, al bel film di Garrone, alla elogiatissima fiction tv di Sollima.
Perciò prima ancora di essere un film, Natale a Gomorra è un corto circuito. Per portare al cinema Pericle il nero, il romanzo di Ferrandino, Riccardo Scamarcio ha sentito il bisogno di sfilarlo da Napoli e di ambientarlo altrove. Chiediamoci perché. Forse per salvarne il contenuto, per tenere in primo piano la storia, per evitare che il set fagocitasse significato e senso. Con Napoli il rischio c'è. Napoli divora. Sbrana. Prosciuga. Essicca. Napoli finisce spesso davanti alle sue storie. In primo piano. Impone se stessa, o forse si dovrebbe dire che impone l'idea che di lei si ha. Sollecita un book, un catalogo di pensieri già pensati. L'annuncio di un film che si chiama Natale a Gomorra è la summa di tutto questo. Poi uno che ne sa, magari il film piacerà come alla fine piacque Ultimo tango a Zagarol.

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