martedì 12 agosto 2014

L'aldilà di Robin Williams


"L’unica morte che ho conosciuto è quella della commedia sul palcoscenico, dalla quale ci si risveglia sempre quando il pubblico ride. Una volta un mio amico che ha avuto un’esperienza di morte per qualche minuto, mi ha detto che la sua più grande paura non era quella di morire, ma di lasciare sua moglie sola. Nell’aldilà mi piacerebbe incontrare mio padre, Mozart, Beethoven, Miles Davis, Einstein, ma soprattutto Groucho Marx. E poi qualche donna, certo. Che ne so, Marylin Monroe, Giovanna D’Arco, Marlene Dietrich. Se fosse l’inferno, mi piacerebbe vedere la stanza dove sono chiusi tutti insieme Hitler, Stalin, Mussolini e Mao. Un bel caos, davvero. Alla reincarnazione non ho mai creduto, anche se alle volte mi viene da pensare di essere stato il cavallo dell’imperatrice Caterina di Russia.

Sono stato cresciuto nella dottrina episcopale, ma per anni non sono entrato in una chiesa. Sono affascinato dalle religioni e dalle loro differenze. Credo in un’altra vita dopo la morte. Quando guardo attraverso un telescopio o vedo un paesaggio meraviglioso penso che un Dio ci debba davvero essere. Nel modo in cui lo concepiva Einstein, cioè qualcosa di straordinario che supera l’immediato della nostra vita.

Si recita per battere la morte. Io adoro improvvisare. Ho cominciato quando sono uscito dalla pancia di mia madre, credo. Ho visto due mammelle, ho toccato un capezzolo e ho chiesto: È accesa questa cosa? Penso di aver cominciato facendo ridere mia madre. Il liceo è stato il mio primo palcoscenico. L'ultimo anno organizzarono uno spettacolo in cui venivano presi in giro gli insegnanti. Una volta, vedendo che la gente rideva, mi sono detto che la reazione era interessante. Poi, al college, ho cominciato a esibirmi sul serio. L'unico problema era che studiavo scienze politiche, una materia che non aiuta. Recitare in una scuola dove insegnava Kissinger e prenderlo per il culo può essere pericoloso. Infatti, un giorno mi dissero: Fuori di qui, piccolo bastardo. Così tornai a casa e mi misi a studiare recitazione. L’Attimo Fuggente è il film a cui sono più affezionato. Per anni, la gente mi ha scritto lettere incredibili. Uno diceva con entusiasmo: Sa che dopo aver visto il film ho lasciato il lavoro? Io ero in imbarazzo. Gli risposi: Buona fortuna. Firmato Tony Blair. Non mi aspettavo che il film avesse tanto successo. Avevo notato che c'era qualcosa nell'aria perché durante le riprese dell'ultima scena, quella in cui i ragazzi salgono sui banchi per salutare il professore, uno dei camionisti della troupe, uno pieno di tatuaggi, persino sulle palpebre, si era messo a piangere come un vitello.
Ho iniziato facendo Popeye, un ruolo che ti può rovinare subito la carriera. Dopo una settimana di riprese, ricordo una telefonata del mio agente che mi disse: Rob, ho visto i giornalieri. Sono fantastici. Ma non potresti aprire anche l'altro occhio? Io gli risposi: Charlie, Braccio di Ferro ha solo un occhio. Si chiama Popeye. Se li avesse tutti e due si chiamerebbe Popeyes. Ma non ho mai pensato di fare il regista. Semmai, preferirei la ristorazione. Chissà perché molti attori diventano registi, e solo pochissimi passano alla ristorazione. Deve essere bellissimo preparare il cous cous. Molto meglio che fare un film. Non ho mai pensato di fare il regista perché non penso di poterlo fare. Non lo farei mai. Diciamo che faccio una regia interna. Specie quando lavoro con grandi registi. E soprattutto quando mi prendono alle 4 del mattino appena uscito dal letto. È bellissimo.

Mork e Mindy fu chiuso dopo 4 anni, quindi non mi sono dovuto porre il problema di rimanere intrappolato in un personaggio. Sensibilità e tecnica, per fare bene un ruolo contano entrambe. Alla pari. Si lavora sia fuori che dentro. Quando studiavo recitazione, frequentavo un corso in cui si indossavano sempre delle maschere. Mi è stato utilissimo quando ho dovuto interpretare Mrs Doubtfire. È come lavorare con i burattini, dove si può creare un personaggio solo con la voce e con il make-up. È con questa tecnica che ho dato vita a quella dolce vecchietta dispettosa con i cuscinetti nelle guance. In altri casi, ci sono personaggi molto più interiori, come il medico di Risvegli, che è l'autore del libro da cui è tratto il film, Oliver Saks. Per fare una persona che esiste veramente la tecnica non è di nessun aiuto. Lì conta soprattutto la sensibilità. Oliver Saks è straordinario. Una volta sono stato a una lettura di un suo libro che ha fatto in un auditorium. La gente che va a sentirlo è quella di cui lui scrive. Cioè gente colpita dal morbo di Parkinson e da altre malattie gravissime. E così, all'improvviso, mentre lui sta leggendo, si sente gridare: Vaffanculo! Vaffanculo! Cazzo, tette, culo, ciucciami le palle! Allora mi volto, individuo quello che gridava e lo vedo che sta salutando amabilmente gli amici: Ciao Tim! Ciao Joe! Come va la vita? Sono persone dissociate. E Oliver Saks forse è l'unico che si è occupato veramente di loro. Oliver è una compagnia stupenda perché è come un'enciclopedia. Una volta mi ha portato a cena un ragazzo che è in grado di disegnare la mappa completa delle città dopo averle sorvolate. Le ridisegna a memoria. E in modo molto dettagliato. Ho incontrato molte persone incredibili tramite Oliver. Anche il vero Patch Adams è un tipo pazzesco. È un Grouchomarxista. Crede nella commedia come strumento da usare per raggiungere il benessere sociale. È una combinazione tra un clown e un medico. È capace di far sorridere la persona più disperata di questa terra.

La voce viene prima di tutto. Per me la voce è lo specchio della capacità di capire la vita e la gente. Posso fare il francese e offrire una Gauloise a un neonato perché la vita è una merda e il fumo aiuta a sopportarla. La voce va allenata, bisogna usare anche il naso, come fanno gli attori inglesi di opere classiche. Ma la voce che preferisco si sente solo in America, la sera tardi. È quella del telecronista messicano che segue le partite di calcio. Parla a cento all'ora e urla sempre GOOOOOOOOOOOOOL!!!! Viaggiare aiuta, guardare molta televisione è utile, e poi basta uscire. Basta andare in strada. In Italia, poi. A Roma, a Firenze, a Venezia, a Lucca, i grandi personaggi sono tutti lì, per la strada. Ma anche in America ci sono belle voci. Penso a quel tizio che dice: “Compatrioti, faremo i conti con Osama Bin Laden. Lo affronteremo”. Abbiamo un presidente che sviene, ma va tutto bene. Per fortuna c'è Spock, il suo cane, che veglia su tutti noi.  La rielezione di Bush. Come si spiega? Farmaci. O forse avevano messo qualcosa nell’acqua, forse Berlusconi. La verità è che è stato in grado di instaurare la paura nella gente, nonostante avesse nascosto la verità, come per le prove delle armi di distruzioni di massa che non sono mai state trovate. Hanno trovato solo Saddam Hussein, che appena catturato sembrava Nick Nolte. Sono passati tanti anni dalla guerra in Vietnam, anni che gli americani hanno vissuto in terapia. Adesso vogliono poter tornare in Vietnam e trovare pace con se stessi e con quel paese. Bush ha detto: ora che abbiamo vinto nel Golfo ci siamo buttati il Vietnam di dietro. Bush è come un John Wayne con un didietro molto stretto. Ma io in politica non entrerei mai. Clinton ha avuto così tanti problemi per quello scandalo, figuratevi io con il mio passato.

A me piacerebbe tornare in teatro. Su un palcoscenico. Mi sto preparando per ricominciare. È tempo che lo faccia. È bello tornare sul palcoscenico e sentire il pubblico. “Salve!, non faccia caso a me. Io la guarirò. Appoggerò le mani su questo seno stupendo. Le trasferirò la forza. Li unirò e ne farò un unico grande seno”. E poi mi piacerebbe lavorare con Nicole Kidman. È una bella ragazzona. Chissà se le piacerebbe uno piccoletto peloso come me. So solo che mi farei 15 chilometri a piedi nella neve per portarle via la pattumiera. È una gran bella donna, ma è anche divertente. È australiana. Sono donne scatenate, come i cacciatori di coccodrilli.
Ecco, le donne. I tacchi alti sono l'invenzione più funesta degli ultimi due secoli, e i reggiseni, e i corpetti, e tutti quei pazzeschi legacci che imprigionano le donne. Per Mrs. Doubtfire addirittura impiegavo quattro ore di trucco al giorno. Quando lo dico, molte donne reagiscono: Davvero? A me quattro ore bastano solo per la matita degli occhi. Ma studiando la psicologia femminile ho imparato una cosa: le donne sono più ricettive e aperte di noi. Per afferrare quello che una donna capisce subito, un uomo ha bisogno almeno di due birre. Sono stato più bravo io nei panni di una donna rispetto a Dustin Hoffman-Tootsie. Sono più alto e più peloso. Da 15, 20 anni le donne hanno cominciato a usare il cervello. Non si sa se fa più paura di una donna che va a letto con un coltello sul comodino o una che usa il cervello. E’ bello far ridere tanta gente in una sala. A me fanno ridere Stanlio e Ollio, i fratelli Marx e Ronald Reagan, che mi fa ridere comunque, basta che parli.
Per molti anni non ho vinto l’Oscar, ma non importava, anche Peter Sellers è stato candidato per Stranamore e per Oltre il giardino e non ha vinto. Forse negli ultimi anni i membri dell'Accademia vedono qualche film in più e i premi sono più realistici. Io vivo a San Francisco, lontano dai clamori. Come uno che sta in Svizzera e se scoppia una guerra dice: cos' è stato quel rumore? A San Francisco mi sono abituato di più a convivere con il terremoto che con il successo. Che è una cosa che va e viene, rischioso come i carrelli delle montagne russe senza ruote. I miei valori sono altri, la famiglia, i tre figli, i tanti amici, molti dei quali sono comici e mi aiutano a non prendere sul serio la vita.

È stupendo stare con i miei figli. Cody è la mia coscienza. Una sera ho partecipato a un talk show televisivo. Lui, dopo averlo visto, mi fa tutto serio: Papà, devi darti degli obiettivi. Ascolta le persone che ti parlano e rispondi alle domande. Comportati meglio. A volte Cody pensa di sapere tutto. L'altro giorno mi ha detto: 
- Papà, sai che non possiamo andare nelle Filippine? 
- Perché, Cody? 
- Perché ci sono gli ebrei e sono molto arrabbiati. 
- Gli ebrei nelle Filippine? Vuoi dire gli estremisti musulmani. 
- Oh, ok. Certo, quelli. 
Il più grande invece va al college. E poi c'è mia figlia, che ha 12 anni. A quell'età cominci a vedere i ragazzi che gironzolano per casa come gatti in calore e schizzano dappertutto. “Salve Signor Williams, sua figlia c'è?”. Io divento subito un cane da guardia. “Via di qui. Non avrai mia figlia. Non la porterai fuori da questa casa. Alla larga! Sciò”.

Oggi ci sono tanti genitori separati, tante donne che hanno figli senza sposarsi, tanti bambini che vivono con i parenti. L'importante è che i bambini non vivano il divorzio come abbandono e sappiano di essere amati da tutti, non sono soli. Io adoro i miei figli e tanto cinema da ridere lo faccio per loro e per tutti i bambini: per farli ridere. Scelgo i ruoli in base a come me li propongono. Se mi addormento mentre leggo il copione, allora lascio perdere. 

Poi c'è chi ha smesso di ridere. In America c’è un dottore molto famoso (Kerchokian) che da anni combatte per il diritto dei malati terminali di porre termine alla propria vita. Riesco a capirlo se una persona decide che non ce la fa più a continuare tra mille sofferenze. E comprendo l’agonia di chi gli sta accanto ed è costretto a vederlo soffrire. Capisco come qualcuno non voglia tutto questo. Il concetto che qualcuno possa essere dannato per l’eternità per essersi suicidato è simile per me all’idea che i bambini non battezzati, per la chiesa cattolica, non possano andare in paradiso, un’idea che finalmente è stata abolita. E’ un caso diverso nel caso in cui una persona si suicidi perché p arrabbiata e perché nel togliersi la vita sa che ti farà soffrire. Quello è inammissibile. Ma credo che la sofferenza mentale possa essere altrettanto dolorosa della sofferenza fisica. Vorrei solo che il paradiso fosse colorato e pieno di musica. E che ci fosse Groucho Marx.

(collage di dichiarazioni di Robin Williams tratte da interviste rilasciate nel corso degli anni)

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1 commento:

Roby ha detto...

Dopo questa lettura è ancora di più il mio attore preferito.
Comunque in qualche passaggio ho avuto la sensazione di rileggere la leggerezza surreale di Troisi. Non so perché ho visto questa similitudine.