martedì 12 agosto 2014
Soccavo, il campo di Maradona abbandonato
A DIEGO facevano trovare il cancello accostato, non c'era nemmeno bisogno di suonare il clacson, il quartiere si sarebbe svegliato. Scivolava con la Ferrari nera dentro il buio, le tre di notte, andava a letto e il giorno dopo in campo. Quante vigilie così a Soccavo, dove oggi il cancello azzurro non si chiude neanche volendo. Sono andati a incastrarci carcasse di auto e moto rubate, una scritta avverte "non entrate", del resto non c'è più niente da cercare lì dentro, neanche i ricordi. Centro Paradiso, così si chiamava e così si chiama ancora, da dieci anni abbandonato, senza rimedio. Il calcio se n'è andato nell'estate del 2004, il Napoli falliva, quando a settembre arrivò De Laurentiis lo convinsero che quel posto portasse sfortuna. Ci avevano vinto solo due scudetti.
Dalla curatela fallimentare, il nuovo Napoli ha comprato un po' alla volta la sigla, il logo, i trofei. Soccavo no, oggi non si sa neppure bene di chi sia. «Dovrei chiedere ai miei avvocati», tentenna Giorgio Corbelli, presidente del club fra il 2000 e il 2002. Afflitto dai debiti, il Napoli smise di pagare le rate del mutuo, il centro finì alle banche, la società mise in piedi un'operazione per ricomprarlo con 2 miliardi di lire. Inserito poi nel pacchetto del passaggio da Ferlaino a Corbelli, rivalutato 8 miliardi, venne girato di nuovo a due banche e concesso in leasing alla Diciassettezerosette, una società del gruppo Corbelli. Passaggi da mal di testa che si sono accavallati con il crac. Si gira ancora per tribunali per venirne a capo: le operazioni sono state contestate dalla curatela fallimentare.
Intanto, dove Maradona palleggiava con una bottiglietta d'acqua minerale, dove faceva gol tirando a effetto da dietro la porta (palla oltre la traversa, rimbalzo davanti la linea di porta e come un boomerang schizzata in rete), l'erba adesso è alta un metro e mezzo. Hanno rubato tutto, segato le sbarre, portato via anche l'inferriata di 100 metri intorno al campo. Una coppia ha abitato qui per qualche mese, poi le notti sono diventate pericolose, un via vai di spaccio e ricettazione. Gli abitanti del quartiere avvertono il commissariato una sera sì e una no. Brandelli di moquette qua e là, vecchi poster incollati a quel che resta delle docce, della vasca idromassaggio sono rimasti i cocci e le ragnatele intorno. Il centro era stato costruito negli anni ‘70 su un terreno di proprietà di Ferlaino, regalato al Napoli con un palazzo di fronte. Il Napoli dovette spendere qualcosa per mandar via un colono. Qualche calciatore venne a dormirci per sentirsi più al sicuro nel novembre del 1980, c'era appena stato il terremoto. Qui il brasiliano Alemao distribuiva banconote ai bambini poveri, all'uscita dall'allenamento. Erano ancora anni in cui i calciatori li vedevi, ci parlavi lungo la rampa che dagli spogliatoi portava alle camere, sapevi se avevano litigato con la moglie. L'Argentina venne in ritiro al Paradiso prima della semifinale mondiale del ‘90, Maradona credette d'aver perso qui il suo Mondiale e poi il resto, per via della sera in cui trattò male Matarrese a Soccavo. Sei mesi prima di volare verso la gloria in Spagna, c'era stata l'Italia di Bearzot.
Non volle mai metterci piede invece Lauro, che dopo aver venduto la società a Ferlaino, e nominato presidente onorario, si rifiutò di partecipare ai cda perché il Napoli, diceva, non può andare fuori Napoli. L'area di Soccavo, con il suo tufo e il suo piperno, era stata inghiottita dalla città solo negli anni ‘60. Ferlaino: «Non sono mai più voluto tornare a vederlo». Corbelli: «È un'esperienza chiusa, ricordi lontani. Mi occupo di altro, lo sport non me lo posso permettere. Sono stato a Napoli l'ultima volta tre anni fa. Mai più sentito il vecchio socio Naldi e nemmeno Ferlaino». In 10 anni il Napoli è rinato, Soccavo no. Porta sfortuna, dissero a De Laurentiis.
(la Repubblica, 11 agosto 2014)
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