Non si tirano fuori 350 milioni di euro per vincere un ottavo scudetto di fila, un nono e un decimo; forse nemmeno per dare la caccia alla Champions vale la pena spingersi a tanto. Se la Juventus avesse comprato Cristiano Ronaldo soltanto per vivere gioie che in fondo già conosce, i suoi soldi resterebbero una spesa. Invece sono altro, sono un investimento, sono il prezzo per la resa dei conti definitiva con una dimensione a cui la Juventus sente di non appartenere più. Sarà questo il tema politico e mediatico nel calcio italiano dei prossimi mesi.
La Juventus non sta allargando la distanza con il resto della serie A per accrescere il numero dei suoi titoli; lo fa per andarle oltre, per scrollarsela di dosso, per far diventare la sua egemonia una questione da porre e da risolvere fuori dal terreno su cui la esercita. Prendere Ronaldo e vivere coerentemente con lui non significa battere chi è stato già battuto con Zaza, e neppure superare finalmente quelli che Ronaldo ce l'avevano prima.
L'ingaggio di Ronaldo ha un senso perché aprirà la strada - con un timing perfetto - a discorsi rotondi nelle sedi giuste, in modo da superare i campionati senza storia come quelli in Italia, Germania, Francia.