Mohamed Salah |
D'altra parte anche i ricchi redigono un bilancio, perfino quelli che al fair play finanziario si interessano per sentito dire, e a Londra serviva un modo per prendere Cuadrado. Ora Firenze e tutta la serie A fanno fatica a immaginare che uno così al Chelsea non facesse comodo, neppure per un turnover, per un tempo, per un calcio d'angolo. Ma se Ferguson ha fatto partire Pogba, può anche succedere che Mourinho lasci andare Salah, il più grande impatto su una squadra italiana a campionato in corso dai tempi di Edgar Davids, che a dicembre ‘97 lasciò il Milan come un cucciolo mansueto e alla Juve si fece pitbull per uno scudetto e una finale di Champions. Salah: tre gol in quattro partite di campionato, più un altro in Europa, due in Coppa Italia alla Juventus (*). Un sinistro a forma di falce nello stadio dell'Inter, dove la Fiorentina non vinceva da 16 anni, ha scavato il solco definitivo fra la mediocrità di Milano e le prime cinque. Il campo si diverte sempre a dire la verità. Il mercato sottrae lo scatto, il moto dei fianchi e i tuffi di Cuadrado alla Fiorentina, e quella invece di soffrire si mette a volare.
Del resto, a guardare bene dentro la scatola-Cuadrado si scopre che degli 11 gol segnati un anno fa, quelli davvero utili alla classifica di Montella sono stati tre. Due al Chievo e uno al Parma. Ben venduti però. Trentatré milioni, più Salah in prestito fino a giugno 2015, con la possibilità di estendere l'accordo per altri dodici mesi e riscatto fissato a 18 milioni. Mentre il Milan soffiava Cerci all'Inter garantendogli un posto in panchina, e mentre Mancini riparava mettendo sotto contratto il tramonto di Podolski, Firenze sfilava Salah alla Roma grazie a Cuadrado, regalando alla serie A il Messi d'Egitto dopo il Messi di Grecia (Fetfatzidis) e quello di Frattamaggiore (Insigne). Risultato: rimonta, terzo posto a 3 punti, Tottenham eliminato, e soprattutto il divertimento che gli infortuni avevano negato. Maglia numero 74 in memoria delle vittime di Porto Said, Salah segna e ringrazia il suo dio. Un trasporto religioso che preoccupò il Chelsea di Abramovich e che pare abbia raffreddato Roma. Quando giocava a Basilea, Salah fece in modo di sottrarsi alla stretta di mano pre-partita con gli israeliani del Maccabi: rimase ad allacciarsi le scarpe lentamente a bordo campo. Times of Israel gli chiese: "Al ritorno rifiuterai di giocare a Tel Aviv?". Risposta: "Il calcio è più importante della politica. Nei miei pensieri giocherò in Palestina, non in Israele. La bandiera sionista non sarà mostrata in Champions: segno e vinco". Davvero vinse. La stretta non ci fu. Dopo aver dato la mano agli arbitri, la chiuse a pugnetto e agli israeliani porse quello.
Dai suoi 22 anni c'è chi pretende militanza: una parte d'Egitto si indignò nel vedergli ritirare il premio di miglior giocatore in Svizzera con un triplo bacio sulle guance della presentatrice. "Ero imbarazzato, dal video si capisce, dio sa che non volevo", dovette difendersi.
A Firenze, dopo dribbling e gol, al massimo deve difendersi da Diamanti. "Ho una tale abbondanza", dice ora Montella, "che devo fare sostituzioni anche in allenamento". E no, lui non si riferisce a Salah.
[*] passaggio aggiunto dopo la partita di Coppa Italia del 5 marzo alla prima versione dell'articolo, uscita su la Repubblica martedì 3 marzo 2015
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