venerdì 13 marzo 2015

I piedi d'argilla degli inglesi

chelsea-psg-reaction_3275548 Bella questa. Il campionato più ricco del mondo. Quello che ci dà lezioni con la sua organizzazione e con la sua celebre intensità di gioco. La cosiddetta Nba del calcio. Proprio quello lì. Adesso ha un piede e mezzo fuori dalla Champions. Da tempo se n'è andato il Liverpool, è uscito pure il Chelsea, Manchester City e Arsenal dovranno fare un'impresa a Montecarlo per andare avanti. Per la seconda volta in tre anni, l'Inghilterra rischia di non avere squadre ai quarti di finale. Non in finale o in semifinale: ai quarti. In Europa League gli inglesi sono rimasti in corsa con il solo Everton (2-1 in rimonta sulla Dinamo Kiev nell'andata degli ottavi). E poiché le Coppe sono l'unico vero metro di giudizio per mettere a confronto i livelli dei tornei, forse qualche domanda sulla Premier League dovremmo cominciare a farcela.
times Prima di noi se la stanno ponendo proprio gli inglesi. Oliver Kay, prima firma del calcio del Times, scrive stamattina che si potrebbe risolvere tutto in una scrollata di spalle e parlando di cicli, se non fosse che il ciclo della Premier dovrebbe essere d'eccellenza. E invece. "Che pessimo periodo per l'élite della Premier. E che ilarità deve causare altrove in Europa, dato che, con gli introiti commerciali e televisivi, al tempo in cui il fatturato annuale del West Ham sta per superare quello dell'Inter, i club inglesi trovano sempre modi nuovi per prestazioni deludenti". Negli ultimi 4 anni c'è stata una Coppa vinta dal Chelsea e una semifinale, sempre del Chelsea. Ma una sola squadra al vertice non sembra il segno della vitalità di un sistema. E comunque rimane questo vuoto (probabile) ai quarti del 2015 e del 2013. A parte singoli episodi in singole partite, ancora Kay fa notare che in Premier esiste uno "stravagante reclutamento", una noncuranza dei meccanismi difensivi e una sempre più accentuata anarchia tattica. Queste critiche vi ricordano qualcosa? Stamattina l'Inghilterra si è svegliata al quarto posto del ranking stagionale dell'Uefa, con 1,3 punti di distacco dalla piccola e vituperata Italia, che a sua volta si trova a mezzo punto di distacco dal primato della corazzata Spagna di Real e Barcellona. Nel ranking complessivo (quello che conta) siamo oggi ancora lontani, ma negli ultimi 4 anni non siamo mai stati così vicini. In proiezione 2017, il terzo posto (che restituisce una quarta squadra in Champions) è a soli 3 punti. In proiezione 2018 dista meno di un punto. Significa che se per altre due-tre stagioni l'Italia marcia con questo passo, anche senza grossi exploit in Champions, ma con un pacchetto forte in Europa League, il ranking si può scalare, nonostante i discorsi cupi su crisi, sprofondo, disastro, eccetera. Siamo sempre pronti a dir male della nostra serie A. Avevamo già dato per scontato il sorpasso del Portogallo e ormai prossimo finanche quello della Francia, che se non avesse il milionario duo di proprietà arabo-russo di Psg-Monaco produrrebbe un movimento ancora più lontano dal nostro. [leggi anche: Se oggi nascesse un altro Gigi Riva] Il famoso campionato poco allenante (il nostro) viene spesso contrapposto a quelli in cui è presente il totem della superiore intensità. Bene. Ma è buffo che la grande intensità venga considerata dagli osservatori inglesi un problema. Il 28 febbraio scorso, Independent: "I manager europei battono quelli di scuola inglese per la tattica". La vecchia tattica. Quella che da quest'altra parte ci fa invece sbadigliare dinanzi al primo tempo di Roma-Juve.

[Negli ultimi tre anni di Coppe: pari della Roma a Manchester, Tottenham eliminato dalla Fiorentina Arsenal battuto a Napoli, Chelsea battuto da Napoli e Juve]

Mourinho ha trasformato questa differenza di intensità in un elemento in difesa della Premier. Per intenderci: il campionato sarebbe fin troppo allenante. Sarebbe stressante. Motivo per cui le inglesi poi in Europa pagano. Tesi interessante, ma non può essere contemporaneamente vera a quell'altra totalmente opposta che ci ripetiamo noi qui in Italia. Non solo. E' una tesi che si fa fatica a far convivere con il fatto che il Chelsea ha avuto sei giorni di riposo prima dell'andata con il Psg e sette prima della partita di ritorno. Qui non si sta dicendo che la Premier è in crisi o che non sia il miglior campionato del mondo. Qui si sta dicendo che il confronto vero fra campionati, movimenti, scuole calcistiche si tiene in campo internazionale. Vediamo spesso troppo grande la nostra crisi e ignoriamo le contraddizioni in casa altrui. Il Boxing Day che ci piace tanto, in Inghilterra è sempre più spesso al centro di critiche: dei calciatori che chiedono il Natale libero e degli stessi tifosi (in quei giorni mancano i mezzi di trasporto). Gli stadi salotto che ci piacciono tanto, hanno fatto immaginare al Chelsea l'introduzione di effetti sonori artificiali da diffondere a Stamford Bridge attraverso gli altoparlanti. Il tifo in post-produzione. Come le risate di Benny Hill. E i giornali inglesi sono pieni di dibattiti sul ritorno della violenza e sugli episodi di razzismo. Per non dire del fatto che la nazionale paga un peso altissimo a una Premier dove gli stranieri sono in maggioranza.

Il Telegraph, tempo fa, si lamentava che nelle Academy dei club inglesi non nasce da tempo un numero 10 dotato di fantasia, uno "alla Insigne". Ce n'è anche per quanto riguarda il fair play e la correttezza. José Mourinho, unico maestro di tattica riconosciuto nel post Ferguson, è criticato in queste ore per il suo atteggiamento. Tony Cascarino, sul Times, ieri mattina lo accusava di aver condizionato l'arbitro Kuipers con le sue parole alla vigilia della partita con il Psg. "Da ex del Chelsea lo trovo preoccupante. Mourinho sente di poter dire ciò che vuole. Se nessuno tiene a freno Mourinho, a un certo punto sarà incontrollabile. E' un maestro dell'inganno". I nove giocatori accorsi intorno a Kuipers per far espellere Ibrahimovic sono stati causa di imbarazzo. Jamie Carragher, sul Guardian, ha scritto: "Le squadre di Mourinho saranno sempre rispettate, ma mai amate". Vuoi vedere che i paradisi esistono soltanto quando li guardi da lontano?

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