domenica 7 agosto 2016

Good morning, sport del Vietnam

Ha ragione il colonnello Hoang Xuan Vinh a non voler più sentir parlare di guerra, di Francis Ford Coppola e Michael Cimino. Non adesso che è in cima a un podio olimpico. La guerra di casa sua era la linea d'ombra della dignità umana. La parola Vietnam non pareva compatibile con l'idea di sport.

Essere in Vietnam significava dover smettere. Succedeva agli americani, successe a Rocky Bleier, running back dei Pittsburgh Steelers arruolato dopo una stagione da matricola, ferito a una gamba, giudicato dai medici inadatto a un ritorno al football, e poi però quattro volte vincitore del Super Bowl. Bob Kalsu, attaccante e miglior rookie 1968 dei Buffalo Bills morì da primo tenente a Thua Thien.
Ma il Vietnam ti fermava pure se non ci andavi, come provò sulla sua pelle Muhammad Ali. “Se non fosse finita la guerra in Vietnam, nell'estate del '76 sarei stato su un aereo militare a Saigon invece che sulla pista di Montréal” raccontava Edwin Moses, il fuoriclasse americano dei 400 ostacoli. Figurarsi quanto sport del Vietnam ha fermato il Vietnam, che con il colonnello Hoang Xuan Vinh ha finalmente vinto la sua prima medaglia d’oro della storia alle Olimpiadi, solo adesso, 40 anni dopo. Fin qui c’era stato l’argento nel 2000 di una ragazza nel taekwondo (Tran Hieu Ngan) e l’altro nel 2008 di un sollevatore pesi (Hoang Anh Tuan).

Il Vietnam ai Giochi è una faccenda che comincia nel ’52, sette anni dopo l’indipendenza dalla Francia, in piena guerra fredda, con otto atleti in tutto, la metà nel ciclismo: la National Highway di oltre mille chilometri – da Hanoi alla vecchia Saigon – è oggi uno dei più bei percorsi per biciclette al mondo. Fino al ’72 ai Giochi il solo Vietnam presente è la Repubblica del sud. La caduta di Saigon del ’75 e la riunificazione sotto il controllo del nord socialista costringe a saltare l’edizione del ’76. Quattro anni dopo il Vietnam è presente in massa ai politicissimi Giochi di Mosca: 31 atleti, un record mai più battuto. Boicottata Los Angeles, dal 1988 non manca mai. Il calcio è lo sport più popolare del paese. Al sud avevano cominciato a giocare già nel ’66, al nord nel ’78. La stella del campionato oggi è un argentino che si chiama Gaston Merlo, capocannoniere per tre anni di fila. La Nazionale del nord giocava solo contro i paesi comunisti, quella del sud provò pure a qualificarsi per i Mondiali del ’74 ma perse con Giappone e Hong Kong. Ai Mondiali il Vietnam non c’è stato mai, ma la gente continua a restare sveglia per vedere le partite che in tv arrivano dall’Europa, pub e ristoranti sono aperti di notte con i loro maxischermi, mentre il paese s’è riempito di piccoli campetti nelle province. I ragazzi vanno ai corsi di arti marziali, i più grandi si danno al tennis tavolo, gli anziani giocano a badminton nei parchi. Nguyen Tien Minh, 33 anni, è uno dei primi dieci al mondo. A Rio i vietnamiti sono ventitré. Pham Phuoc Hung si è qualificato nella ginnastica a dieci anni di distanza dalla diagnosi dei medici di tubercolosi spinale. Diciotto record nazionali stabiliti nell’atletica negli ultimi quattro anni e diciannove nel nuoto fra 2015 e 2016 sono un chiaro segno di vitalità alle spalle del colonnello Hoang.
Good morning, sport del Vietnam.

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