La sua Italia-Germania del '70?
"Avevo 13 anni. In Italia era notte. Andai a letto piangendo, non ricordo se sul 2-1 o sul 3-2. Io soffrivo, mio padre ridacchiava. Poi venni richiamato dal trambusto. Vedendo l'Italia l'altra sera con la Spagna si è riaccesa la passione dell'animo libertario per una squadra di calciatori quasi sconosciuti di fronte a campioni arrogantelli".
Il calcio ha un linguaggio universale?
"Nonostante tutto - i soldi, i muscoli, gli scandali - di fronte a una palla e a un campo, chi ama il calcio troverà sempre, come diceva Brera, che un bel gol è quasi come una poesia di Leopardi. Anche se questa cosa fa inorridire le anime belle. Quando sono stato alla sorgente del Gange - lo racconto in teatro - avevo un talismano che conteneva piccoli oggetti per me preziosi da liberare all'aria di quel posto magico. Con la foto dei miei genitori e una ciocca di capelli della mia fidanzata, c'erano le figurine di Ronaldo e Boninsegna. Anche mio padre Antonio amava il calcio e l'Inter. Quando c'era la partita, bisognava guardare la partita. Era la sola cosa che riuscisse a distoglierlo dalle sue angosce di scrittore".
Con quale spirito la sua generazione si accosta a una nuova Italia-Germania?
"Nel '70 fu la partita che ci faceva entrare nel mondo degli adulti. Ora che siamo adulti e anche di più, dinanzi a un mondo peggiorato abbiamo il dovere di trovare la forza per un nuovo impegno civile e politico. L'Europa si spacca, ci sono popoli in fuga dai lager e dalle guerre che vengono respinti con muri e fili spinati. Noi siamo testimoni di tutto ciò. Qualcosa dobbiamo fare".
Dove vedrà la partita?
"A Gaeta, con mia madre che a 92 anni non ha perso la voglia di seguire il calcio. È la meraviglia di Italia-Germania".
(Repubblica, 30 giugno 2016)
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