lunedì 4 luglio 2016

Il paradiso del Galles


LILLE. DUE RAGAZZI che giocano in serie B hanno steso le stelle del Belgio che giocano la Champions, i numeri due del ranking Fifa, i favoriti in Francia. La media borghesia ha sfondato le porte del palazzo reale. Il calcio cambia. Aspettando l'Islanda domani, il timbro sulla sentenza lo mette il piccolo Galles, stessi abitanti di Roma e paese calcisticamente bizzarro. Ha un giocatore da 100 milioni e un campionato riconosciuto dall'Uefa solo da una ventina d'anni, ma sei delle sue squadre hanno rifiutato di prendervi parte, preferendo entrare nel sistema inglese, con lo Swansea di Guidolin in Premier e il Cardiff in serie B. Eppure il Galles porta la sua Nazionale fra le prime quattro d'Europa, alla prima partecipazione. S'era spinto solo una volta fra le prime otto al mondo, a fine anni Cinquanta, quando in attacco i gol li firmava John Charles, il gigante buono, seminatore di meraviglia anche con la maglia della Juventus in serie A. Quella squadra si era fermata ai quarti di finale in Svezia nel '58 davanti al Brasile perché prese il primo gol segnato sulla scena internazionale da un diciassettenne che al portiere Kelsey parve "un diavolo venuto dall'inferno". Stop di petto con le spalle alla porta, giravolta, dribbling volante e tocco di punta in porta. Si chiamava Pelé. Che stavolta dall'altra parte non c'era. Nemmeno in sedicesimo.
Il simbolo della rivoluzione borghese si chiama Hal Robson- Kanu, che alzandosi dalla panchina aveva già segnato alla Slovacchia il gol della prima storica vittoria e ieri da titolare ha spianato la partita contro il Belgio portandosi a spasso tre difensori per il 2-1. Poteva essere agli Europei con l'Inghilterra, perché quella maglia bianca l'ha vestita con la Under 19 e la Under 20. Invece la nobile Inghilterra è a casa, mentre Hal è in semifinale, fra gli emergenti. Robson-Kanu è nato alla periferia di Londra ma è gallese per parte di nonna. Era un giocatorino dell'Arsenal già a dieci anni, ma a quindici lo lasciarono andare perché non dava segni di crescita. Non era veloce, non era grosso, non era alto. Non era niente. Lo accolse al Reading Brendan Rodgers ed è ancora lì dopo undici anni, nella serie B inglese. Così come in B ha giocato lo scorso anno Sam Vokes, che ha segnato il 3-1 di testa come una volta sapeva fare Bettega. Stacco e torsione, palla sul secondo palo.

Il Belgio ha pagato l'improvvisazione della difesa. Kompany è in Francia con i muscoli consumati come opinionista tv. Vermaulen s'è fatto squalificare prendendo un giallo sull'1-0 con l'Ungheria. Vertonghen s'è lesionato i legamenti di una caviglia «con un movimento che in allenamento si fa venti volte e non succede mai nulla». Wilmots si è dovuto inventare un assetto insolito, con due ventenni insieme all'esordio in un grande torneo, rendendo peraltro Galles-Belgio la partita più amata dai parrucchieri: la zazzera di Denayer e le trecce di Jordan Lukaku si sono aggiunte al casco di Witsel, al cespuglio di Fellaini, alla cresta di Nainggolan, alla tintura di Ramsey e allo chignon di Bale. Nainggolan gli aveva semplificato la serata con uno dei suoi tiri imparabili da fuori area. Gli strappi di Bale, sessanta metri palla al piede, non lo hanno mai fatto sentire al sicuro. Per riprendersi la partita, Wilmots – che uno stratega non è – ha provato a seguire i consigli di Spalletti, meravigliato del fatto che Nainggolan non giochi a ridosso dell'area. Non è servito. Il Galles giocherà col Portogallo. Don't take me home, canta la curva, non portarmi a casa; mentre nello stadio sparano "Viva la vida", con la voce di Chris Martin dei Coldplay. Ultimo inglese imbucato alla festa del Galles.

(su Repubblica il 2 luglio 2016)

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