Questo è un libro che mette Freud alle corde. Perché se l'interpretazione dei sogni è la chiave d'accesso al contenuto dell'inconscio, come bisogna regolarsi di fronte a sogni mai sognati, del tutto inventati, eppure narrati e descritti come se fossero veri? È il giochino, questo, a cui si dedica con
Piccoli ciclopi Enrico Careri, romano, 55 anni, docente di musicologia alla Federico II di Napoli che aveva già sperimentato, spiazzato e convinto col precedente
Adesso altre pecore. Careri mette in fila quarantanove finti sogni, mini-racconti che iniziano tutti allo stesso modo («Sono al mio funerale», «Sono il famoso lupo dei tre porcellini», «Sono Giuseppe Garibaldi»), molti irresistibili, e li riempie di paradossi e giochi di parole.
Così da convincerci che perfino l'inconscio oggi è diventato virtuale, se possiamo immaginare di essere in sogno Pipino il Breve e Cenerentola, e se un treno soppresso può raggiungere l'apice della felicità gettandosi a trecento all'ora con Ludmila, la sua unica passeggera, moldava.
(la Repubblica, 2 agosto 2015)
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