giovedì 25 luglio 2013

Borges e il rosa del Boca

Ride, Ramòn Diaz. Guarda la nuova maglia dei rivali di sempre e ride. Ride con lui tutto il mondo del River Plate al cospetto della nuova divisa del Boca Jrs. Perché è rosa. Sfottò, gente che si dà di gomito, fotomontaggi che girano sui social network: la pantera, un tutù da ballerina, il maiale dei Pink Floyd. E quella risata di Ramòn che ha accompagnato il suo commento: "Davvero è rosa? Che carina. Dal blu e giallo passano al rosa. Carini. Aspetto di vederla...".


Il quotidiano sportivo d'Argentina, Ole, l'ha definito un sorriso gardeliano. Aggettivo che viene da Gardel, Carlos Gardel, gira e rigira si finisce sempre al tango. Ma Gardel durante la sua vita sentì sulla propria pelle il peso dei pregiudizi, qui invece ci sono pregiudizi mal nascosti e scaraventati addosso agli altri. Qui, forse, di gardeliano non c'è nulla.
Rosa, Ramòn, e allora? Diaz ha giocato in Italia. Dovrebbe sapere che rosa è la maglia del Palermo, che rosa è stata la maglia della Juve. Sicuro che lo sa. Ma Ramòn Diaz sorride lo stesso. Carina. Que lindo. Dice e non dice. Gli basta così. Dovrebbe sapere soprattutto, Ramòn, che il rosa è un colore baciato dalle parole di Jorge Luis Borges, uno dei padri della cultura del suo Paese.
"Se è vero (come nel Cratilo è detto) che l’archetipo della cosa è il nome, nella parola rosa è già la rosa, e il Nilo nelle lettere di Nilo".
Ma il machismo è più facile. Non fa prigionieri.

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