La scultura dedicata a van Beveren è piazzata lungo la Coen Dillen Promenade, dentro lo stadio del Psv Eindhoven, avversario del Milan per la qualificazione ai gironi di Coppa dei Campioni. Van Beveren, chi? Jan van Beveren, uno dei più grandi portieri di sempre in Olanda, forse il più grande.Nessuno lo direbbe perché Jan faceva parte della generazione d'oro degli anni Settanta, eppure non giocò né i Mondiali di Germania '74 né quelli d'Argentina '78. "Peccato, perché con lui in porta non avremmo perso in finale", dissero un giorno i gemelli René e Willy van de Kerkhof, leggende del Psv e dell'Olanda di allora. In nazionale Jan era arrivato a soli 19 anni, dopo aver tolto allo Sparta Rotterdam il posto da titolare a Pim Doesburg. Un predestinato, una testa dura. "Molti vanno in porta perché non sono bravi in attacco. Io ho sempre voluto stare lì. Mi piacevano le foto in cui si vedevano i portieri saltare sotto la traversa per deviare il pallone".
Salti, voli, coraggio. Un giorno, in area di rigore gli danno una gomitata in faccia, gli salta un dente, la lingua tagliata. Gioca per 20 minuti con il cotone emostatico in bocca, nell'intervallo gli ricuciono la lingua e torna in campo. "Se c'è una cosa che voglio è vincere. Pure quando gioco con i miei figli. E' brutto, lo so, ma non posso farci niente. Leggo di maratoneti che danno tutto per arrivare al traguardo, anche quando ormai le luci dello stadio sono spente. Non lo capisco, per me esiste solo la vittoria". Eppure resta un idolo solo per la gente del Psv. Perché? È titolare in nazionale quando l'Olanda non è ancora grande, il calcio totale con il blocco Ajax è nell'incubatrice. La squadra manca la qualificazione ai Mondiali del '70, lui ha 23 anni, ma parla da veterano: "Abbiamo perso perché alcuni non hanno dato tutto. Parlano solo di soldi, soldi, soldi. I soldi vengono dopo. Speriamo di fare meglio nel '74".
Non può sapere che nel '74 andrà sì meglio, ma senza di lui. Van Beveren gioca l'andata delle qualificazioni contro il Belgio, poi si fa male all'inguine. Dopo una partita con l'Ajax, risale in pullman strisciando. I tifosi avversari gli urlano: femminuccia, sei una femminuccia. Solo perché è un uomo mite e gentile. Ci sarebbe tutto il tempo per preparare i Mondiali. Infatti il ct Michels lo chiama per un ultimo test non ufficiale ad Amburgo. Lui chiede di poter giocare solo 45 minuti, come gli altri senatori. Novanta minuti o niente, gli intima il ct. Allora risponde: niente. Cruyff e il gruppo Ajax lo criticano. Jan va a casa. È fuori. Anche perché lui, come gli altri del Psv, si rifiuta di avere per manager Cor Coster, il suocero di Cruyff. Al mondiale ci sarà Jongbloed, il portiere con il numero 8 sulla maglia. Van Beveren tornerà in nazionale nel '75 per una partita in Polonia, Cruyff e Neeskens raggiungono i compagni il giorno dopo. Van der Kuijlen, amico di Jan e stella del Psv, brontola: "Ecco, sono arrivati i re dalla Spagna". La cosa finisce sui giornali, Cruyff accusa van Beveren di aver ispirato tutto. In ritiro Jan si trova il letto bagnato da secchi d'acqua. O lui o noi, fa il blocco Ajax al ct Knobel. E Knobel sceglie. Loro. È la rottura definitiva con Cruyff e i suoi, come verrà poi ricostruito dal quotidiano Eindhoven Dagblad. Appena van Beveren mette piede in uno stadio dell'ovest, a Rotterdam, Amsterdam, Den Haag o Utrecht, lo fischiano dall'inizio alla fine della partita. Henk Spaan, una delle più note firme di calcio in Olanda, scrive che l'ostilità è costata a van Beveren una quarantina di presenze in nazionale. In tutto alla fine saranno 32. Proprio lui, che "unisce grazia ed eleganza", come scrive Matty Verkamman.
Passa il tempo, cambia il ct, arriva Jan Zwartkruis e lo riconvoca. È il '77. Salvo poi scusarsi e dirgli che non ci sarà più posto per lui: anni dopo svelerà il motivo della retromarcia. Pressioni. Il solito gruppo. Perfino quando nel '78 la tv olandese lo chiama per fargli commentare Olanda-Perù, van Beveren deve fare un passo indietro. Alcuni tifosi lo minacciano: "Attento a quel che dici o ti bruciamo la casa e rapiamo i tuoi figli". Diventa un forsennato mangiatore di unghie, un fumatore di sigarette senza filtro, un bevitore di caffè. Il nervosismo gli condiziona il metabolismo. Dell'Olanda decide che ne ha abbastanza. Fa le valigie con sua moglie Toosje, i figli Raymond e Roger e vola in America. Prima gioca in Florida con i Fort Lauderdale Strikers, poi in Texas con i Dallas Sidekicks. Nel 1982 Sports Illustrated racconta che un giorno, in aeroporto a Chicago, per vincere la tensione di un volo in ritardo, si mette a gattonare dietro a dei bambini. Poi stringe la mano uno a uno ai passeggeri in transito: "Benvenuto a Chicago, la città dove non c'è niente da fare".
Quando smette con il calcio, entra nel commercio. Settore: francobolli. Finché gli torna voglia di pallone. Nel 2006 si presenta allo Spindletop Select Soccer Club di Beaumont e si offre di insegnare calcio a 220 ragazzi e ragazze, tra i 9 e i 18 anni. "Quando portò il suo curriculum, corremmo su Google a vedere chi fosse, non sembrava una star, solo un uomo genuino", raccontò Kelly Kroutter, il presidente, nel giorno in cui trovarono Jan van Beveren morto, cause ignote, il corpo piegato in due sulla scrivania del suo studio, davanti allo schermo del computer. Era il 26 giugno del 2011, aveva 63 anni. Cruyff disse che sì, avevano avuto degli scontri in passato, ma che da tempo si erano chiariti. Una sua parata sotto la traversa è adesso scolpita dentro lo stadio del Psv, dove ha vinto 3 campionati, 2 Coppe d'Olanda, 1 Coppa Uefa. Una parata come quelle delle foto che van Beveren amava guardare da bambino.
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