Due anni così, con la faccia da colpevole e le gambe sui pedali già alle nove del mattino, come ci fosse una gara, mentre le gare erano in tv, e all'inizio Rebellin neppure le guardava. «Le simulavo per conto mio». Strappi e scatti, ora quelli veri li paga la Miche-Guerciotti, nel calcio sarebbe come la serie C, ma è gente che sa cos'è il ciclismo. Il primo sponsor costruisce ruote, pignoni, freni, catene. Il secondo fabbrica bici. Mauro Tognaccini, il ds, racconta che non «c'è nulla di strano a dare una seconda opportunità, ci siamo arresi, eravamo stufi di essere i soli a non farlo». Stipendio base di 80mila euro, il resto Rebellin dovrà guadagnarselo coi premi. Racconta: «Non volevo lasciare così. E poi mi sento ancora bene. Vorrei vincere una volta il Lombardia, perciò non correrò solo quest'anno». La ferita vera è l'argento olimpico di Pechino che ha dovuto restituire. «La medaglia era in un cassetto a casa. Un giorno mi chiamano e mi dicono che devo rimandarla a Roma. Allora ho fatto un pacchetto e l'ho data a un notaio, ci ha pensato lui. Avevo paura che qualcuno la rubasse lungo il tragitto, finiva che mi accusavano pure di non averla restituita per davvero. Il Coni non l'ho mai più sentito. Ma i sacrifici fatti li conosco. Quella medaglia era pulita, solo che se lo dico scateno un inferno. Allora sto zitto, mi tengo il castigo, il mio pensiero e ricomincio».
(Repubblica, 5 maggio 2011)
(Repubblica, 5 maggio 2011)
Nessun commento:
Posta un commento