Santa Monica, Redondo Beach, la collina di Hollywood, e adesso Arzano. «Che c'è di strano?». Elizabeth Bachman mette in ogni sguardo il candore immacolato d'una bambolona. Dal suo metro e 94 d'altezza, chiude gli occhi sulle differenze fra Los Angeles e qui, la periferia di Napoli a cui sono rimaste appiccicate addosso le etichette sintetiche degli alunni del maestro D'Orta, le "case sgarrupate", il film con Villaggio e tutto quanto il resto. E' venuta per giocare a pallavolo in quell'Original Marines che sta diventando la grande sorpresa del campionato di serie A2, lei, una delle migliori al mondo nel suo ruolo. «Mi hanno aperto con un sorriso le porte delle loro case, con semplicità, con affetto; e in fondo Los Angeles non era la mia città...».
Laggiù ci studiava soltanto, University of California, Ucla, il camp dell'Orso Bruno gialloblu, lo stesso in cui sono nati e cresciuti un bel po' di monumenti dello sport americano, le volée di Arthur Ashe e Jimmy Connors, gli sprint di Evelyn Ashford e Jackie Joyner, il pugno chiuso di Tommie Smith, il gancio-cielo di Kareem Abdul Jabbar. Per Ucla, Liz Bachman ha segnato 1000 schiacciate e 500 muri, una delle 4 giocatrici di tutti i tempi a spingersi su queste cifre.
«C' è il miglior corso d'America in comunicazione e pedagogia. Volevo studiare lì, ci sono andata soprattutto per quello», racconta Elizabeth. Come se fosse facile, all'età in cui molti ragazzi non sanno rifarsi il letto, prendere un aereo a Minneapolis, Minnesota, e volare da sola fino in California. «Ogni tanto, i miei venivano a farmi compagnia...». Papà Todd e mamma Barbra prendevano una camera in albergo per stare accanto alla loro Wiz, oggi ventiseienne. «Un mio nipotino non sapeva pronunciare bene la lettera "elle", così il nome Liz s' è trasformato in Wiz, e piano piano sono diventata Wiz per tutti». Anche per le compagne di squadra, che dai suoi muri si stanno facendo trascinare nell'altissima classifica, dove il presidente Russiello non s'aspettava certo di finire. «Avevo un sogno, l'Olimpiade. Ma non posseggo il talento della predestinata. Chi mi ha visto giocare a 12 anni, non immaginava ch'io potessi diventare una campionessa. Ho lavorato duro, sono arrivata dove sono. In questi ultimi anni, pensando ad Atene, ho preferito allenarmi in Nazionale, senza accettare offerte dai club».
Della Nazionale è diventata il capitano. Oro ai Giochi Panamericani, argento al Mondiale di Berlino 2002, con una sconfitta in finale contro l'Italia. «Prima di Atene, non sapevo per chi avrei firmato. Non volevo pensarci, volevo restare concentrata su quel traguardo. Per la mia prima esperienza all'estero, mi premeva solo trovare una squadra in un Paese amico degli Stati Uniti. L'Italia mi è sembrata la soluzione ideale. Qui mi sento al sicuro e si gioca ad altissimo livello. Ho scelto bene. Bel gruppo, bella società». Mamma Barbra continua a seguirla, appena può. «Senza ansia. Sa che sono autosufficiente da tanto tempo». Lascia la casetta di famiglia a Lakeville e arriva qui, nell'appartamento d' Arzano che "Wiz" divide con un'altra giocatrice, Giusy Rolla, studentessa di lingue. «Un'amica. Io le rinfresco l'inglese, lei m'insegna l' italiano. Quando si può, scappiamo in centro a Napoli a fare shopping. E poi mi piace correre, oppure andare sul Rollerblade. In Minnesota da bambina sciavo, peccato che a Napoli non ci sia la neve». Se è per questo, neppure a Los Angeles.
Repubblica Napoli, 8 dicembre 2004
aggiornamento La tragedia della famiglia Bachman nel 2008
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