IN principio parlava il coach, e il coach diceva il vero. Chiamava time-out e schemi, bastava prestare un orecchio ai suoi ordini dall'alto. Ma un giorno Henry Williams, il campione che il mondo del basket conosceva come Hi Fly, fra un palleggio e un tiro da tre, s'è fermato e ha sentito la voce di Dio. La vera chiamata, l'ultima giocata da fare. God bless you mates, Dio vi benedica, ragazzi, la strada è un'altra. L'uomo che nel 2002 riportò la pallacanestro di Napoli in serie A, ora ha 34 anni e predica la Buona Novella nella missione della chiesa battista di New Zion, a West Todd Lane, Charlotte, nella Carolina del Nord. Il reverendo Williams scrive sermoni e insegue pecorelle smarrite, come un tempo faceva con gli avversari. «Tutto un dono del Signore. Il successo nello sport serviva a prepararmi per questa nuova vita» .
Non è stata una conversione improvvisa. Williams era uomo di fede già durante gli anni trascorsi in Italia, 3 e mezzo a Verona, 4 a Treviso, uno a Roma e l'ultimo a Napoli, con 525 punti segnati in 30 partite, gli ultimi 13 nel trionfo di Reggio Emilia, la sera della quinta finale playoff, ultimo sigillo verso il ritorno in serie A. Sette palloni infilati dentro un canestro, tutto è compiuto, andate in pace.
Viveva pure allora da credente, pregava e leggeva le Scritture. Ma che la sua vocazione potesse spingersi fin sull'ambone delle prediche domenicali, non se l'aspettava neppure sua moglie, Katrina, da cui Henry ha avuto un figlio, Brice. Lei stessa confessa che non è stato facile accettarlo. In America raccontano che un giorno Williams si sia presentato al pastore Robinson dicendo: «Stanotte alle 4 Dio mi ha chiamato. Eccomi, sono pronto» . E il ragazzino di 19 anni che con la Nazionale Usa aveva vinto la medaglia d'oro al Mondiale del '90 in Argentina, poi stella dei parquet d'Italia e in mezza Europa, è diventato l'uomo che voleva essere davvero. Sognava d'aiutare il mondo, fuori dal campo, già quando in campo il mondo aveva paura di lui. Senza aver smesso ancora d'essere un giocatore micidiale, pensava a un caritatevole dopo. Voleva darsi una Missione. Pensava a una Fondazione da insediare nella sua vecchia scuola elementare, il 75. circolo di Haughville, vicino Indianapolis, per aiutare i ragazzi scartati dalla gloria e stritolati dalla droga. Hi Fly sentiva d'essersi salvato anche grazie al basket. A cinque anni era un piccolo giocatorino delle giovanili locali, con un pallone in mano per 16 ore al giorno - gli piace raccontare - perché nelle altre 8 dormiva, e dal cortile riusciva a strapparlo solo la nonna. Per leggergli la Bibbia.
Ma il basket non poteva uscire definitivamente dalla vita di Williams, un ex seconda scelta Nba (San Antonio Spurs, Draft '92, lo stesso di Shaquille O' Neal, Alonzo Mourning e Predrag Danilovic), vincitore in Europa di uno scudetto, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa, con un record di 47 punti segnati tutti insieme contro la Virtus Bologna. La città dei suoi studi universitari, Charlotte, dov'è capocannoniere di tutti i tempi con oltre 2.300 punti e dove hanno ritirato per sempre la sua maglia numero 34, gli ha offerto un posto da commentatore nella radio ufficiale della nuova squadra Nba, i Bobcats. Sui 106.1 FM di Wnmx Radio, Henry Williams conduce analisi tecniche e di colore accanto a Steve Martin, e sbaglia chi la giudica una frivolezza in contraddizione col rigore di orazioni ed omelie. Da un microfono in modulazione di frequenza trasformato in pulpito, il reverendo dei canestri spinge perché i 22 mila spettatori del Palazzetto tornino a raccogliersi in preghiera prima d'ogni partita. Era un uso antico di Charlotte. La franchigia precedente, gli Hornets, era la sola nella Nba a invitare i suoi tifosi al rito religioso prima del via, e rimane l'unica pure adesso che s'è trasferita a New Orleans. Ma i nuovi Bobcats, nonostante i tre cappellani ufficialmente a disposizione della squadra, hanno abbracciato la tradizione più laica dell'inno nazionale. Eppure, padre Williams non s'è ancora arreso. L'ultimo sondaggio d'un quotidiano locale dice che ha già convertito all'idea il 66 per cento dei cittadini, e per tutti i palloni rubati agli avversari. Il cielo lo perdonerà.
Repubblica Napoli, 23 dicembre 2004
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