martedì 23 ottobre 2012
Il ritorno di Giuseppe Abbagnale
Stempiato, la giacca, la cravatta. I riccioli sono spariti, chissà dov'è la canottiera azzurra. «L'ultima volta in barca sarà stata sei mesi fa, una domenica mattina. C'erano dei ragazzini sul pontile, ho visto un canoino attraccato e ho fatto un giro». Giuseppe Abbagnale è il colosso che era. Galleggiava su una buccia di legno, 35 colpi di remo al minuto, lui capovoga e Carmine prodiere. I fratelloni. Conserva una mano morbida come un cuscino. Quando saluta, ci si affonda dentro. Puff. «Carmine invece esce in mare tre volte a settimana. Solo che non ci incrociamo mai, e io un altro compagno non so trovarlo. Ma ogni mattina del 1° gennaio ci facciamo gli auguri e prendiamo la barca. Noi due, in quattro, in otto. Dipende. A volte viene pure Peppino». Cioè Peppiniello Di Capua, il timoniere dei 2 titoli olimpici e dei 7 titoli mondiali.
L' età dell' oro del canottaggio. Giuseppe Abbagnale, 53 anni, bancario, non è il tipo che guarda l'album delle foto. È per questo che si candida alla presidenza della federazione, elezioni a Pisa il 17 e 18 novembre: per riprendere il filo. Se vince, riporta in nazionale pure Giuseppe La Mura, suo zio, fratello di mamma Virginia, il medico della mutua che inventò il "due con" dei miracoli. «Non potrei chiedergli di allenare a 72 anni, potrebbe essere un supervisore, un garante dei programmi. C'è bisogno di ripartire dalle sue idee, dalla sua filosofia e dalla sua cultura». Se lo accusano di voler riportare il canottaggio al passato, il capostipite degli Abbagnale non si offende. «La Mura può essere innovativo ancora oggi. Non lo dico io, lo dicono all'estero. Alle Olimpiadi australiani e neozelandesi mi hanno confessato di seguire i suoi metodi». Nove medaglie per l'Oceania a Londra, una per l'Italia. Gli All Blacks tre ori, l'Italia nessuno. Nessuno addirittura dal 2000, da Sydney, dove il 4 di coppia vinse e a bordo aveva l'ultimo degli Abbagnale, Agostino. E chi era il ct? Esatto: La Mura.
Papà Vincenzo aveva mandato i figli a fare sport con la speranza di riaverli più robusti tra i campi, per coltivare gladioli e venderli al mondo. I ragazzi, il mondo se lo presero sull'acqua. Rotsee, Hazewinkel, Bled, la geografia dei trionfi. La fatica. La sveglia alle 5 del mattino, un allenamento già prima di allenarsi, perché da casa alla barca erano 6 km a piedi, e lo zio diceva fosse meglio farli di corsa. Uno zio chiamato sempre e solo dottore, Giuseppe il ribelle ne contestava le tabelle perché gli toglievano tempo e fiato per altre passioni giovanili. Un giorno trovò un cartello attaccato al circolo: «Il successo è una lunga pazienza». Non avevano una palestra, ne costruirono una abusiva, il presidente si fece 9 giorni di carcere pur di dare a quei fratelli un posto dove diventare gli Abbagnale. La storia è diventata una fiction tv, Raoul Bova è stato Giuseppe. «Devo dire la verità? M'ha fatto un poco impressione. In genere le fiction non si fanno sui vivi...». Quando arriva il momento giusto per tornare, lo riconosci. Vengono a chiedertelo. «Tanti scontenti mi hanno invitato a candidarmi. Un fatto inconsueto. Spesso esiste un pregiudizio verso gli ex atleti, l'ho avvertito in passato, siamo inseguiti dal sospetto di non essere in grado di fare i dirigenti. I burocrati temono di essere offuscati. Io invece penso che gente come Antonio Rossi e Jury Chechi, lo sport non dovrebbe perderli mai». La federcanottaggio è una macchina da 4 milioni e mezzo di euro l'anno. Cinquantamila tesserati. L'obiettivo è ridurli. «Perché sono numeri di facciata. Funziona così. Giri per le scuole, fai salire un ragazzino su un remoergometro, il simulatore di barca per un provino,e tutti i testati diventano tesserati. Un progetto che ha coinvolto 22mila studenti. Ma possiamo chiamarli praticanti? No. È un artifizio che magari impressiona l'esterno, ma questo è il momento di guardarsi in faccia. Gli agonisti calano, siamo a 9mila. Mi fanno ridere quando dicono che oggi bisogna creare un personaggio. Io sono della vecchia scuola. Prima vengono i risultati, intorno ci costruisci un personaggio. Mica facciamo spettacolo? Lì sì che puoi prendere una bella immagine vuota e proporla come artista».
L'avversario di Abbagnale è il presidente uscente, Enrico Gandola, finito con il ct De Capua sotto accusa in piena Olimpiade. Sartori e Battisti vincono l'argento, mettono piede a terra e attaccano. Segue lettera di sfiducia di metà squadra: o il ct o noi. Salta il ct. Sartori adesso è tra i sostenitori di Abbagnale, i grandi ex Galtarossa e Tizzano candidati al consiglio con lui. «La tensione era nota anche prima dei Giochi. De Capua è stato scaricato per addossargli la cattiva programmazione del quadriennio: promesse disattese, più spese che resa, frattura totale fra dirigenti, atleti, società e allenatori. Io vengo dalla gavetta, il quadro lo conosco tutto. So che le cose vanno fatte in armonia». Tecnici di prim'ordine hanno scelto l'estero: Giovanni Postiglione in Grecia, Antonio Maurogiovanni in Olanda. «Più altri meno noti ma bravi. A qualcuno potrei proporre di rientrare. Oggi si dice che abbiamo una buona nazionale junior. Vero. Ma è frutto del lavoro delle società. Per fortuna tante lavorano bene, la federazione deve sostenerle. L'unico argento di Londra è arrivato perché le Fiamme Gialle hanno creduto alla vecchia maniera in un equipaggio, altrimenti sarebbe stata una disfatta totale». Proprio suo figlio Vincenzo, 19 anni, è tra i nomi nuovi da seguire: già 3 bronzi mondiali giovanili. Dietro Vincenzo, la sorella Gaia. Anche Carmine ha messo in barca le due figlie: Virginia ha già smesso, Chiara comincia ora. Così come il figlio di Agostino, Alessandro, ha l'età per iniziare. Animo, che stanno tornando gli Abbagnale.
(la Repubblica, 22 ottobre 2012)
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