martedì 31 gennaio 2012

La religione del BeyBlade

Tirare forte non basta, e spesso non aiuta nemmeno. Figurarsi se può andar bene lanciare alla cieca, vada come vada. Lo sa bene ogni padre puntualmente battuto da un figlio settenne, che non si deve gettare il BeyBlade al centro dell’arena senza una strategia. Sbagliato. E’ l’errore più grave. Si paga. C’è un lancio per difendersi, uno per attaccare e sbattere l’avversario fuori dallo stadio in pochi istanti, oppure quello di durata, quando la punta fa poco attrito con la base, e allora si gira e si gira e si gira. Mano ferma, questo è certo. Anche per i tiri più elementari. Il resto lo fa l’esperienza.
Quando il primo BeyBlade venne lanciato una dozzina d’anni fa, nessuno avrebbe immaginato che un giorno si sarebbe arrivati ai campionati mondiali, il prossimo è in Canada il 25 marzo. In Italia sono appena partite le selezioni regionali, domani a Milano Palermo e Genova, il 4 febbraio a Napoli e Treviso, l’11 a Roma Pisa Cagliari e Bari (le iscrizioni su www.beybladeitalia.it); poi la finale per il titolo italiano, valido come selezione per il mondiale, il 25 febbraio a Roma.
All’inizio erano di plastica, adesso la superficie che viene a contatto con l’avversario durante il combattimento è di metallo: sono diventati più piccoli, ma pure più aggressivi. I BeyBlade in circolazione in Italia si calcola che siano 45 milioni, ogni anno vengono acquistati 3 milioni di pezzi, sicuramente il giocattolo più venduto nel Paese. E zaini da scuola, marsupi, astucci, quaderni, diari. Uno scherzo da 40 milioni di euro l’anno, cominciato con un manga nel 1999, poi diventato cartone animato, giunto in Italia nove anni fa sulle reti Mediaset (siamo allo spin-off con la serie Metal Fusion). I campioni di BeyBlade sono lo spavaldo Takao, il numero uno, e l’introverso Kai; il gentilissimo Max, l’ultimo arrivato Daichi, e c’è anche una ragazza, Hilary. Il professor Kappa e Mister B. sono le menti che modificano e potenziano i BeyBlade dei ragazzi, a cui è abbinato un nome appartenente al mondo animale: Drago, Tigre, Guscio. Storia di amicizia, sfida e azione. Funziona.

E’ questo il mondo che ha partorito due film, e con essi il gioco vero e proprio, oggetto di culto, febbre, mania, praticata spesso nelle fumetterie, dove si incrociano folle di bambini con genitori al seguito. A BeyBlade dentro un’arena apposita, vince chi resta in piedi più a lungo o chi scaraventa all’esterno del ring l’avversario. Il nome più noto nell’ambiente italiano è quello di Andrea Zamuner Cervi, che alla sua passione ha dedicato pure un libro. Qualcuno potrebbe chiedersi se i BeyBlade siano i nipotini della nobilissima trottola, protagonista di un racconto di Kafka e finita nei versi di Montale. La risposta è sì. social>, ammette Mauro Sarti, artigiano bolognese che continua a lavorare trottole in legno, pezzi unici, da collezione. E però. Vuoi mettere con il BeyBlade a molla partorito dal computer del Professor Kappa? Il massimo. Infatti l’ha chiamato Einstein.

(Il Venerdì, 27 gennaio 2012)

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