lunedì 14 novembre 2011

Non siamo mai abbastanza

Marco è un bambino che a tre anni conosce il teorema di Pitagora, e quando arriva in prima media sa di Chernobyl e di Ali Agca, mentre i suoi coetanei imparano le battute di Drive In. Non va a spiare nello spogliatoio delle femmine, non scende a giocare per la strada. Cresce e matura in un' Italia che declina, sarà un eterno fuori corso. Trentasei anni di vita, tappe scandite tutte dalle partite della nazionale italiana di calcio ai mondiali, una a capitolo, dal concepimento avvenuto durante Italia-Haiti del ' 74 al colpo di scena finale che sa di Tennessee Williams nel bel mezzo di Italia-Slovacchia 2010. Il romanzo Non siamo mai abbastanza di Dario De Marco è il ritratto di una generazione condannata alla marginalità, le vicende del pallone fanno da sfondo alle grandi tragedie di Napoli e d'Italia, e spesso le soverchiano. De Marco riproduce bene il cono buio dentro cui passa l' infanzia, quando rimbombano parole che paiono misteriose come comunisti e ipotenusa. E ci ricorda che a Pasadena, finale del ' 94 col Brasile, il rigore lo sbagliò anche Franco Baresi, mica solo Robibaggio.

(Repubblica, 13 novembre 2011)

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