Sei righe in francese viaggiano via fax da Stoccolma e si arrampicano fino a Cervinara. E' la "mention honorable" del Nobel per Carlo Bianco, «philosophe et poète de renomance mondiale», uno dei candidati finali al premio per la letteratura del 2006. Quelli che la Fondazione non comunica mai pubblicamente. Non prima che siano trascorsi cinquant'anni. Per non dare l'idea del concorso. Era lui uno dei nomi italiani. Per la seconda volta. Come nel '59. «Quella volta andai». Quella volta era in Svezia solo per stringere la mano al vincitore, Salvatore Quasimodo. «Perché idolatravo la sua poesia». Stavolta no. «Davvero l'hanno dato a uno scrittore turco? Addirittura».
Il suo studio profuma di legno e libri. Carlo Bianco sfoggia 95 anni di incantevole magnetismo. Il patio di casa si apre sabato prossimo all'omaggio di rettori, docenti universitari, magistrati, arcivescovi, politici. E' atteso pure Rubbia. Da un Nobel a un quasi. La Svezia gli ha attribuito la "mention" come creatore della scuola filosofica chiamata "concretismo". «Concretismo perché la filosofia non è astrazione. E' scienza delle possibilità. I grandi filosofi, figlio mio, dicono grandi fesserie. Cogito ergo sum. Falso. Puoi esistere senza pensiero. Come un serpente. L'esistenza è fisica, non è spirituale».