Don Ciro ha battezzato un bambino "fuorilegge", e non lo sa: un bimbo che oggi in Italia non potrebbe nascere, il figlio di una fecondazione eterologa. Ogni martedì mattina, don Ciro indossa la stola e celebra una messa per le donne sterili della sua parrocchia, la chiesa di Sant'Anna, che la tradizione apocrifa voleva incapace di procreare, ma poi fu madre di Maria. Una liturgia per una trentina di signore, alle quali don Ciro ricorda che «anche voi siete madri per il solo fatto di essere donne». Ma a una di loro, un giorno, la consolazione venuta dall'altare non è bastata più. Ha smesso d' arrendersi all'infertilità, ha preso la strada che la portava a un neonato, e nove mesi dopo col bebè in braccio è tornata davanti allo stesso altare. Don Ciro fissa il vuoto per un secondo. «Io ho battezzato un bambino nato da fecondazione eterologa?».
Esita un attimo solo. «Non lo sapevo, ma la mia opinione non cambia. Non si butta via il bambino con l'acqua sporca». L'acqua sporca sono un padre e una madre del quartiere Vicaria, a cui la scienza all'estero ha dato ciò che la natura non poteva offrire. «Evidentemente quella coppia non mi ha messo a conoscenza del cammino intrapreso». Altrimenti don Ciro li avrebbe informati che sono fuori della Chiesa. Peccatori. Anzi di più: scomunicati, seppur momentaneamente. «Il bambino no. è innocente. La Chiesa condanna il peccato, non il suo frutto. Insomma, non potrei ammettere quei genitori ai sacramenti. Non potrei neppure dar loro l'assoluzione in confessione, se venissero a chiedermela. Esiste un cammino di severa contrizione da intraprendere». Quella macchia, una nuova vita, va cancellata con un lungo e severo processo. «Dovrei indirizzare la coppia al vicario episcopale, presso il penitenziere maggiore della cattedrale. Hanno commesso un omicidio».
Dice proprio così don Ciro Marino, napoletano del rione Sanità, 35 anni, sacerdote da 7 e parroco da 2 a Sant'Anna al Trivio. E' un giovane con mouse e tappetino sistemati sulla scrivania del proprio studio, in sacrestia, un occhio al monitor del circuito chiuso che sorveglia la chiesa, un altro a Internet. Però dice omicidio. Come quelli dei boss della camorra.
«Sì, perché ogni fecondazione eterologa, ma anche omologa, produce embrioni destinati a morire. Come posso non riconoscere che si tratta di un bambino in divenire?». E' uno dei sermoni con cui la squadra dei parroci scese in campo nel corso della campagna referendaria sulla procreazione medicalmente assistita. Invitava all'astensione. «Non si possono produrre embrioni da utilizzare come farmaci per altre persone. Sarebbe come espiantare organi a un bambino in Africa e impiantarli a uno qui da noi». Uguale? «Nel momento in cui una donna sa d'essere incinta, nel suo ventre c'è una vita già formata». Nel momento in cui una donna sa d'essere incinta, e dunque a 30-31 giorni, 4 settimane e mezzo di gravidanza, sente dirsi dal proprio ginecologo che nel ventre porta una camera gestazionale. L'attività cardiaca si sviluppa intorno alle 7 settimane. «Non ho mai fatto omelie da terrorista». La parrocchia di Sant'Anna al Trivio ha on line un sito tutto suo. Aveva una pagina dedicata al referendum, con le parole di papa Ratzinger, monsignor Ruini e il cardinale Giordano. «Bisognerebbe che tutti vedessero un film, "L'urlo muto", per farsi un' idea». E' il film che le parrocchie imprimono negli occhi e nelle menti dei fidanzati iscritti ai corsi prematrimoniali. Un avamposto contro l'aborto, la nuova crociata della Chiesa. «Nel mondo ce ne sono 60 milioni ogni anno. Come se l'Italia sparisse ogni 12 mesi. Vedo in tv troppi catechisti del mondo che parlano della vita con superficialità. Se una coppia sbaglia, la Chiesa non può legalizzare la loro macchia, ma col tempo può perdonarla. Alle coppie che commettono un errore, dico che la misericordia di Dio è grande».
Repubblica Napoli, 27 dicembre 2005
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