Pablo Veron |
L'organizzazione del "Tano Tango festival", di cui è ospite in città Pablo Veron, ha dovuto chiamare i rinforzi tra i maestri e le maestre di Napoli. «Se non fossi diventato un professionista del tango, credo che ora sarei un'insegnante di musica. Ho studiato piano e clarinetto al conservatorio, ma forse sarei un bravo maestro di percussioni. Quelle classiche e quelle popolari. Sono un maestro del movimento». Coi boccoli neri e lunghi legati in una coda dietro la nuca, a Pablo piace guardare dritto negli occhi delle donne con cui balla. Gli uomini meno. «Mi piace stare con la gente. Mi piace il Sud, mi piace Palermo. A Napoli non ero stato mai: ma in Argentina quando si pensa all'Italia, si pensa a Napoli...». Pablo esercita fra le 14.45 e le 16.15, poi fra le 16.30 e le 18. Ieri sera era a San Giorgio a Cremano, stasera è alla serata danzante dell'hotel Alabardieri con Roberto Herrera, domani a Ottaviano. «A me sembrava stanco», sussurra una donna arrivata da Pisa. «Un tipo semplice, nonostante sia una celebrità», dice la signora Maria Anna, che ha messo in valigia la sua camicia, la sua gonna lunga fino al ginocchio ed è partita da Potenza. «Noi del tango, ogni tanto ci incontriamo in qualche angolo del mondo». A Napoli si ritrovano alla Milonga Portena di Fuorigrotta, alla Casa Malena di Mergellina, al Marabù del Vomero. La signora Donatella è arrivata a piedi dal Monte di Dio. «Non si può ballare il tango in coppia senza un'intesa forte. Ci sono rapporti che si sfasciano dopo una lezione, forse perché il tango è per persone sole. E' la sintesi dell'appuntamento d'amore: il desiderio, l'incontro e il distacco». E Pablo balla. Balla con tutti.
Repubblica Napoli, 29 giugno 2005
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