Una croce d'onore, in un quadretto, in cornice. C'è scritto "Dalla Repubblica, per meriti sportivi". E sulla stessa parete, di fronte al camino a legna nell'elegante soggiorno di casa, c'è un'altra croce, in un altro quadretto, in un'altra cornice. "Dal re in esilio, per meriti sportivi". «Le tengo esposte tutt'e due, non si sa mai». A cercare il segno d'un pugno sulla faccia di Patrizio Oliva, si può perdere anche una vita, ma un lampo basta a tirarne fuori l'arguzia, il patrimonio più prezioso dei napoletani migliori. Se non ce l' hai, non parti da Poggioreale e arrivi in cima al mondo. Lo chiamavano sparviero perché stremava la preda e la finiva, le girava intorno e la logorava, il corpo a corpo era uno schema per altri. «Io boxavo per vincere, non per mostrare il coraggio o per dare spettacolo. Dovevo farmi spaccare la faccia per divertire la gente?». No che non doveva, se non serviva. «Solo una volta mi sono guardato allo specchio senza riconoscermi. La sera del Mondiale a Montecarlo contro Sacco. Ero gonfio, ne valeva la pena».