domenica 10 dicembre 2006

Laura dei colori


Trentamila disegni realizzati in 22 anni vengono riconsegnati ai loro autori in 22 giorni. Sono i dipinti di chi da bambino, fra il '73 e il '95, frequentava il laboratorio di pittura "Centrobambini" al Vomero: Laura Mancini ha impiegato due anni per rintracciare gli ex allievi e invitarli a casa sua, dove le opere sono state conservate dopo l'elaborazione di un metodo sul "linguaggio del colore". Ieri sono arrivati a ritirare i vecchi fogli anche dall'estero. 

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Arrivano insieme, lettera a casa e scossa al cuore. Il mittente si chiama Laura Mancini, tra le fondatrici dell'associazione "Centrobambini", docente, scrittrice e studiosa dei linguaggi d'espressione. I destinatari sono i 700 piccolini che hanno frequentato il suo laboratorio di pittura in via Cimarosa. Ormai ex bambini. Sono stati lì fra il '73 e il '95, figli del Sessantotto prima e del Benessere poi; sono cresciuti colorando fogli e imbrattando pannelli con le mani impastate di tempera, e adesso - sorpresa - possono andare a riprendersi i loro disegni. Regalo di Natale. «Nulla in cambio, soltanto un bacio».


Ventidue anni di lavori vengono restituiti in 22 giorni, con un viaggio nel tempo e dentro se stessi, un balzo all'indietro e nel profondo, il mistero di una porta che si apre, l'incontro con la maestra di una volta e con quello che ognuno era da bambino, "dio mio come sei cambiata", "tu invece sei rimasta uguale". E' come infilarsi dentro un film di Frank Capra, buona fortuna, vediamo chi non piange. Trentamila disegni in tutto, di più e non di meno. Impronte di mani minuscole. Tracce di dita. Grumi di rosso battuti col pelo del pennello. Linee sghembe. Curve. Diagonali. Un'onda, un cerchio, una spirale. Una massa di forme dritte o inclinate dietro cui si nascondono i gesti degli ex bambini, gesti lenti e lunghi, oppure ampi e rapidi, la rotazione di un corpo, un movimento verso il basso, la casualità di un'impugnatura. Trentamila disegni e un solo soggetto. La libertà.
Sono rimasti per decenni dentro una pila di cartelline chiare fra gli scaffali di una casa in via Aniello Falcone, l'abitazione privata di "Laura dei colori", i bambini la chiamavano così. Disegni che sono stati la base di partenza per l'elaborazione di un "metodo", ricerche e sperimentazioni sulle necessità infantili, la creatività, la scoperta, l'apprendimento, l'uso consapevole del gesto attraverso l'uso dei colori. Un percorso in cinque fasi, definito esposto e teorizzato in alcuni libri, e successivamente trasferito sul campo in tutt'Italia, tra associazioni culturali e di ricerca, nel reparto di neuropsichiatria infantile del Bambin Gesù a Roma, nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa.
Sgorbi e pastrocchi osservati mille volte attraverso schede sistematiche. Quale porzione di foglio viene usata. Quali colori, se sono accostati, sovrapposti o mescolati. Tutte le risposte sono lì dentro, e da lì nasce un metodo per interferire nel dolore e nella malattia. Solo che ora quei disegni devono tornare fra le mani di chi gli ha dato vita. Un' idea coltivata a lungo. Hanno impiegato due anni solo per rintracciare gli indirizzi di tutti. Ogni nome, una scheda. Ogni scheda un pugno di numeri telefonici possibili e un mare di tentativi. La catalogazione dei disegni è durata da settembre a novembre. Una montagna di carta addossata alle pareti, alta fino al soffitto. Venite, bambini. Venite a vedere che cos'eravate. «Soprattutto venite a vedere cosa c'è tuttora dentro di voi, anche se non lo sapete, anche se credete che sia svanito», racconta Laura Mancini.
Molti arrivano a ritirare i disegni, ma non ricordano. Allora clic, partono le diapositive. Bambini seduti su cubi di legno. Bambini coi pennelli. Bambini concentrati, con lo sguardo fisso su una goccia di tempera che cola. La memoria che ritorna. «Io dico: impossibile che tu non sia più così. Pensaci. Se avevi un tesoro in tasca, ce l'hai ancora. In fondo cosa faccio: restituisco un po' di consapevolezza». Consapevolezza a chi ha imboccato le strade più diverse. Eppure sono tantissimi quelli che dietro si portano l'esperienza. Studenti di pedagogia, laureati in psicologia, altri con la passione per le belle arti. «Un'esperienza di libertà e di pace». Tipo: non si disturba il disegno sul foglio di un altro bambino. Andavano in viaggio. «A vedere le opere dei grandi artisti. Per esempio Picasso. Oppure Matisse». Andavano in vacanza insieme, 15 giorni col sacco a pelo, senza contatti coi genitori. «Non chiamate, gli dicevo. Non vi rispondo». Disegni restituiti perché «mai come oggi». E' il suo ultimo slogan. «Mai come oggi credo in un'esperienza del genere». L'erede naturale di quel lavoro, l'associazione "Il cerchio infinito", non ha una sede. «A Napoli ho smesso di chiedere, dalle altre città mi chiamano...», allarga le braccia "Laura dei colori", saggista per le riviste fondate da Loris Malaguzzi, il padre del sistema pedagogico su cui si fondano gli asili nido. Pistoia, Brescia, Terni, Genova. Il linguaggio del colore adesso è lì.

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La magia di ritrovarsi dopo vent'anni. «Più ti guardo, più mi ricordo di te». Oppure la magia di conoscersi adesso. Come la bambina di una volta che ha l'accento milanese. «Adesso capisco meglio quale imprinting mi porto dentro. Ho aperto la lettera, e mi sono detta: vado. Volevo capire se certe cose mie vengono da lì». Infatti. Vengono dai disegni che erano conservati a Napoli. I barattoli coi colori da impastare. La colla. Le punesse. Il pavimento da ripulire. E poi la scatola magica, trasparente con il tappo rosso. La scatola dei desideri. Tu le sussurri un desiderio, e lei te lo regala. Sotto forma di biscotto. Un Bucaneve. «Le nostre madri li compravano, ma non erano mai buoni come quelli che ci dava Laura». Gli stessi biscotti, nella stessa scatola. Certo, i biscotti sono freschi. Serata di ieri: dedicata in esclusiva a chi viene a ritirare i disegni da fuori Napoli. Federica, per esempio. Le fossette quando sorride. Bruna. Arriva con Giorgio, il suo neonato. Vive in Grecia. Sono saliti su un aereo ad Atene e si sono arrampicati in via Aniello Falcone. «Su quei fogli ho ritrovato la donna che sono oggi». E' stata sua madre, Paola, a regalarle il viaggio perché le sembrava «importante nel momento in cui diventa mamma, farle riscoprire certe sensazioni vissute da bambina».
Sul muro infatti scorrono le diapositive di Federica bambina, lei con la testa appoggiata sul foglio, quasi s'immerge dentro il disegno. Stringe gli occhi: «Ricordo pure la fatica. Non so quante volte mi addormentavo lì sotto. Mi piaceva». E' a loro che Laura Mancini svela perché quei disegni vengono consegnati soltanto oggi. «Perché soltanto adesso potete rivedervi completamente lì dentro. Se li avessi restituiti anno per anno ai vostri genitori, avrebbero fatto delle scelte, scartando quelli che parevano insignificanti e conservando quelli che piacevano a loro». Invece ci sono tutti. Riccardo se li riporta a Roma, dove s'è trasferito «per una scelta sentimentale», e dove da un mese c'è pure una bimba che gli gira per la casa. Mira vive a Viterbo, dove «dicono che ho l'accento napoletano, e invece quando torno qui tutti a dire che ormai parlo in romanesco».
Napoli è lontana. Napoli è una distrazione. «Sentirne la mancanza? Ma no. Ci torniamo quando vogliamo - dice Federica - quasi da turisti, forse è la maniera migliore per trovarla bella». Poi due sorelle che arrivano da Torino, Silvia che sta rientrando da Bologna. Guardano i disegni accostati ai pannelli e alle pareti della casa di "Laura dei colori". Un omino magrissimo ha le braccia spalancate ed è alto quanto l'albero che sta alla sua destra. «Ma quello l'ho fatto io?». Cosa importa. Quello è il disegno che darà il nome al prossimo libro di Laura Mancini. Il racconto di questi giorni, il romanzo delle vite di chi torna a riprendersi i disegni. Titolo: l'uomo che aveva il cielo per cappello.

Repubblica Napoli, 9 dicembre 2006

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