Un lungo viaggio in mezzo a fiocchi e coccarde, la scuola al tempo dei grembiuli. «È stato un errore buttare via i vecchi simboli. Un bambino che non possedeva niente di niente, poteva almeno mettere il fiocco blu e sentirsi cresciuto, più importante, per il solo fatto di essere stato promosso in terza elementare o in quarta. Aveva un senso, ecco». Il maestro che inseguiva i grembiulini, ora corre dietro a ragazzini vestiti comunque tutti uguali. «Poi ci lamentiamo se seguono le mode. Abbiamo abolito dei riti senza trovare nulla con cui sostituirli». Cesare Moreno cura "Chance", il progetto pubblico di lotta alla dispersione scolastica.
È il presidente dell'associazione maestri di strada. Ha iniziato per conto suo 22 anni fa in sella a una motocicletta. Andava a recuperare i ragazzini in giro per i vicoli, e ha cominciato a coltivare l'orto per imparare come si doveva badare a loro. «Devi saper leggere nei bisogni e nei desideri dei ragazzi. Se l'hai già fatto con un pezzo di terra, non è difficile». Ha imparato il suo mestiere quasi senza saperlo, nel giardino della casa d'infanzia, quartiere San Giovanni a Teduccio, dove dava da mangiare alle galline e le puliva ogni giorno, potava gli alberi, e si impadroniva così del significato del verbo "curare". Immerso nell'aria della scuola. Subito. «Sono nato nella stanza in cui i miei avi facevano lezioni private a inizio Novecento». Insegnare, un vizio di famiglia. A cominciare da nonno Cesare. «Uno scombinato come me. Sapeva fare cento mestieri senza avere titolo per farne neppure uno. Ferroviere, giornalista, professore di inglese». Il maestro che rimpiange i grembiulini, da studente, si è messo fuori dal liceo. «Litigavo sempre, così l'ultimo anno, prima che fosse troppo tardi, ho lasciato il Vittorio Emanuele e sono andato al Tasso di Salerno. Litigare coi professori era la mia attività preferita, tant'è che all'università sono stato sospeso per un anno dopo appena uno di frequenza».
Due anni di università, Fisica a Pisa. Altra passione che gira in casa, grazie a papà Eugenio, professore di matematica. I Moreno recuperano anche un manoscritto perduto con le lezioni di Maiorana. «Sono negli annali accademici per un manoscritto recuperato, ma a me piacerebbe finirci per i ragazzi recuperati». Due anni all'università gli bastano per scoprire quanto la politica sa bruciarti dentro. «La passione di un decennio». Trascorso nella sinistra extraparlamentare, prima di inventarsi un po' di lavori da precario, prima di vincere il concorso ed entrare nel mondo della scuola. Dall'altra parte della cattedra. E però. «E però ogni tanto qualcuno tira fuori la storia della mia militanza politica, i miei giorni da agitatore. Dev'esserci qualcosa nel modo in cui cammino o nel modo in cui parlo che mette paura alle autorità». Lui che si definisce «ligio e sottomesso». Lui che si vanta «di essere creativo, il guaio è chi non lo è». Lui che con la barba folta e grigia dà sicurezza ai bambini. Una barba che cresce già a 16 anni, tagliata solo una volta in tutta la vita, per scommessa, quando gli offrono 100 mila lire per vedere se resiste. Zac, via. «Sono una figura rassicurante per i bambini, per i genitori, per i colleghi. Mi accorgo di esserlo meno per il potere e per chi ha paura di disturbare il manovratore. Per quelli che a Napoli hanno fatto un grande danno alla partecipazione del cittadino negli ultimi 12 anni. Ma non me la prendo con chi li guida: Machiavelli diceva che le cose basse si giudicano dall'alto, le cose alte dal basso. Se lascio il principe senza giudizio critico, il suo errore è responsabilità mia». È ai palazzi del potere che Cesare Moreno ricorda che «ogni anno tra 100 e 150 bambini non finiscono le scuole elementari, tra i 700 e gli 800 non finiscono le medie, e 6 mila per difficoltà varie non proseguono gli studi dopo i 13 anni. Che fine fanno? Sono soggetti passivi dell'illegalità. Una percentuale bassa entra nel mondo del crimine, altri diventano manodopera a basso costo, e ne beneficiamo tutti, me compreso. Dietro un meccanico che mi fa risparmiare, c'è un ragazzino a lavoro nero. L'illegalità più grande che esiste a Napoli è il lavoro giovanile sottopagato».
Due figli. Un ragazzo di 28 anni, un matematico, e una ragazza di 22, studentessa di informatica. «La mia famiglia ha sofferto e soffre per il mio impegno totale nella scuola». In principio c'è l'imbarazzo di un figlio che vede suo padre sempre in mezzo ad altri bambini. «Un giorno prende una matita, un foglio e disegna un aereo che lascia cadere tante goccioline. Gli chiedo: che fa quest'aereo? E lui: fa un giro nel cielo e distrugge tutte le scuole del mondo. È questa la gelosia cosmica dei bambini. Sentono il tradimento in ogni gesto. Bisogna insegnargli che non possiamo occupare un posto esclusivo nella vita di un'altra persona. Un posto preferito, quello sì. Poi basta. Altrimenti sarebbe come una rinuncia alla propria identità». Ha visto bambini e rinunce andare a spasso insieme. «Ho cominciato a insegnare nella scuola più difficile del quartiere più difficile, San Giovanni, che continua a produrre masse indegne e intollerabili di giovani emarginati senza accesso alla cultura, autoesclusi dai diritti e dalle possibilità. Ho ancora negli occhi lo spettacolo delle baracche in via Marina, bambini nudi che razzolano nella terra tra rivoli di scoli e cartone. Oggi cos'è cambiato? Non ci sono le baracche, ma l' sclusione sociale è la stessa. Camminano nudi nelle nuove fogne: galleggiano fra l'illegalità e il crimine. Quando c'è l'evento clamoroso, i giornali mi chiamano e chiedono: perché succede? Dovremmo chiederci perché succede così raramente, con queste premesse». Perché, e perché, e perché. Moreno ha imparato che ne esiste uno piccino per ogni grande problema. I furti. «Le scuole napoletane senza custode sono 150, il doppio rispetto al '93. Risultato? Si ruba ogni due mesi. Non se parla perché non esiste più la Dc a cui dare la colpa». La camorra. «In termini simbolici siamo assenti da troppi posti. Se un branco di cani entra negli scavi di Pompei, e non li cacciamo via, come pretendiamo di sconfiggere la camorra? Metà del suo potere glielo regaliamo noi». Lo sport. «È incredibile che non esistano le squadre delle scuole. Poi non va bene se i simboli li regala Berlusconi. La cattiva moneta riempie i vuoti della moneta non circolante». A novembre il progetto "Chance" sarà in festa. Accompagna la prima ragazza della sua storia a iscriversi all'università. Il nodo vero viene prima. A settembre. Come ogni anno, "Chance" non sa se parte in tempo o no. Come ogni anno, Cesare Moreno non fa vacanze.
(uscito su Repubblica Napoli il 30 luglio 2006)
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