lunedì 22 maggio 2006

Nicolais, il nonno ministro

È al cinema che ha capito com'è andata la sua vita. Al buio, davanti a "Match point" di Woody Allen, la scena della pallina da tennis che può cadere di qua o andare di là. La pallina di Luigi Nicolais, uno degli italiani più citati secondo la banca dati Isi, oggi ministro alla Funzione pubblica e all'Innovazione, è caduta di là. «Se quel giorno avessi avuto il cellulare spento, non sarei diventato assessore regionale, e oggi non sarei ministro». Quel giorno, quando cioè la politica cattura il professore, ordinario di tecnologia dei polimeri alla facoltà di Ingegneria della Federico II. Sei anni fa. «Vantarsi è da stupidi. Competenza e casualità vanno insieme. Una sola non basta mai. Tu puoi tenere sempre una valigia pronta, ma se il treno non passa.». Oppure il treno passa, e la valigia non ce l´hai.



E invece. Campagna elettorale 2000 di Antonio Bassolino per la presidenza della Regione. Comincia così. Luigi Nicolais è invitato al teatro Santa Lucia con Ballabio e Condorelli a parlare di ricerca scientifica. Progetti che lasciano il segno, se è vero che Bassolino lo avvicina al foyer: «Mi dica se è disponibile a entrare nella giunta in caso di vittoria». Una scossa. Si può fare. Quando Bassolino batte Rastrelli, Nicolais è in Svezia. È lassù che squilla il telefono. «Non sapevo neppure che cosa fa un assessore». E Bassolino gli chiede di decidere in un´ora, oppure va avanti. «Pareva uno scherzo». Quale scherzo. Gli mette fretta pure Maria Teresa, la storica segretaria che lavora con Nicolais da trentanni, dai giorni in Montedison a oggi. Decide, sì, d´accordo, e la politica cattura il professore. «Maria Teresa, il mio filtro fidato». Tranne che per gli amici d´infanzia. «Con loro sa che le maglie devono allargarsi».

Amici con cui Nicolais ha brindato ieri sera, a Portici, la città in cui è stato bambino e adolescente. Mica una cerchia di scienziati: un impiegato del catasto, qualcuno che è già andato in pensione, insomma tutti i ragazzi di via Diaz, «dove sembrava di essere sempre in vacanza», dove aprivano circoli ricreativi pur di organizzare una festa e conoscere una ragazza. «Andavamo al mare da marzo a ottobre». Su una barca a remi comprata in gruppo. Per starsene al largo. Il mare, grande amore. «Il posto più bello che abbia mai visto è Palinuro. Lì vado a fare surf. Sono bravino, eh...?». Bravino pure nel salto in alto, l´altra specialità praticata. Stile ventrale. «Palinuro davanti alle Hawaii e Praga». A Praga lavorava: nel centro in cui hanno inventato le lenti a contatto. A Praga studiava Irene, una studentessa in medicina che non aveva paura di esporsi contro il potere comunista, e che sarebbe diventata la sua prima moglie. «Mi mortificava l´idea di essere più ricco di loro. Il mio stipendio era dieci volte più alto». Il ponte Carlo, la nebbia, i colori irreali. «Ormai anche lì è turismo di massa». Irene, la madre delle sue due figlie, Caterina e Francesca. «Due ragazze straordinarie. Beh, ragazze. Due donne». Caterina ne ha fatto un nonno e gli ha stravolto le domeniche. C´era una volta lo stadio. I gol del Napoli. Ora ci sono Simone, Sabrina e un ministro baby sitter. Un ministro che stacca il telefono, fa i puzzle in ginocchio e guarda i Teletubbies. La signora Donatella è la sua seconda moglie, la madre di Rossella e Crescenzo. «Ragazzi cresciuti in casa con me: un legame forte». Insegna lettere in un liceo di San Sebastiano. Si sono conosciuti in casa di una cugina. Parlano in un angolo e scoprono d´essere nati tutt´e due a Sant´Anastasia. Poi scoprono che la "tata" di Gino, Carolina, oggi ottantenne, è la sorella della "tata" di Donatella. Quando due devono incontrarsi.

«Ora butta un occhio alle bozze dei documenti che preparo. Critica. Corregge. Sì, sì, fa proprio l'insegnante. E mi trascina al cinema». In casa chi cucina è lui. «Mi rilassa. Preparo dei secondi piatti fantastici. Pesce. Roast beef. Ebbe´, sono un ingegnere chimico, saprò decidere quando la temperatura dev´essere alta e quando la fiamma deve restare bassa». È noto il suo debole per i peperoncini, coltivati sui balconi di villa Falco e trasformati in polvere. Chiusi in una confezione elegante, etichetta nera, il disegno di un peperoncino rosso e la marca "PeperonGino", tutto presentato in anteprima a Napoli un mese e mezzo fa, a villa Caracciolo, durante il convegno "Sua Maestà il peperoncino di Calabria", organizzato dall'accademia italiana di Giulia Cannada Bartoli (lo attendono anche a Vitigno Italia, alla Mostra d´Oltremare): Nicolais si presentò con delle slide. Proprio come fa quando parla di polimeri, l´oggetto dei suoi studi. «In una parola sola: plastica. Si costruiscono protesi mediche e aeroplani». Il loro boom arriva negli anni Sessanta, diventano popolari più tardi, merito di Carosello e di Gino Bramieri che dice: «E mo´? Moplèn». Ecco, i polimeri. Nicolais ha firmato venti brevetti. L´orgoglio: «La cellulosa che si gonfia mille volte oltre il suo peso. In Svezia è diventata di grande successo. Un´azienda la utilizza per i pannoloni». Oppure la pillola per combattere l´obesità. «Si gonfia all´interno dello stomaco. Dà una sensazione di pienezza, eppure alla fine non hai ingerito che un grammo di cellulosa». Studi che ora saranno portati avanti dai fidatissimi ricercatori dello staff: Paolo Netti, Gino Ambrosio, Gianfranco Carotenuto, Mimmo Acierno, Salvatore Iannace, Eugenio Amendola, Mino Carfagna.

Amatissimo. «Credo d´avere un solo vero nemico: un collega all'Università». Vanitoso. «Mi piace piacere. Mi piace quando qualcuno mi ascolta. La mia droga è tenere una lezione». Sognatore: «Ministro? Ci pensavo di nascosto. Non lo confessavo neppure a me stesso. Così come a suo tempo era inconfessabile l´idea di diventare docente universitario. Bisogna essere i primi della classe senza la certezza che basterà per fare strada. È una condizione necessaria, ma non sufficiente. Il nuovo sogno è pensare di poter incidere sulla vita degli altri». Obiettivo numero uno: mettere in rete i vari ministeri. Sembra ovvio. Non lo è. «Hanno sistemi diversi. Si può fare qualcosa di simile al lavoro in Regione. Non avevamo un computer. Ora siamo gli unici con un protocollo informatico e un flusso documentale». Ha lavorato con Bassolino e Vendola. «Hanno lo stesso entusiasmo e la stessa visione politica. Vendola è più solare, Bassolino più riservato». Nato a Sant´Anastasia per caso. «Mio padre lavorava lì». Dipendente delle imposte indirette. «Lo chiamavano ricevitore». Origini irpine. «L'elenco telefonico di Lioni ha tre pagine di Nicolais. Noi però veniamo da Sant´Angelo dei Lombardi». Madre con radici casertane. Il liceo classico a Torre del Greco. «Con il violinista Salvatore Accardo e il giornalista Mimmo Liguoro». Con l´uomo della svolta seduto dietro la cattedra. «Il mio professore di matematica. Si chiamava Rapanà. Uno di quelli che ti fa amare la materia che insegna». E il ministro cominciò ad amarla. «Qualche compito me l´hanno passato. Poi ho cominciato a passarli anch´io». Con la laurea in tasca, si sposa e vola in America. Ha un indirizzo: Università di Saint Louis, professor Di Benedetto. La collaborazione con la Us Force. «Arrivo e mi rubano l´auto, i bagagli e i soldi. Avevo lasciato tutto incustodito. Ho pagato l´idealizzazione dell'America. Volevo scappare, non avevo un dollaro, i miei genitori erano appena scomparsi. Arredai casa con dei cartoni presi in un supermercato». L´America si è fatta perdonare. L´Università di Washington e quella del Connecticut gli hanno assegnato la cattedra di docente aggiunto. Con l'America alle spalle, poi, s´è tolto di dosso un complesso. «Quando tornai, per tutti ero solo il giovanotto del professor Astarita, uno dei più grandi scienziati nel campo dell´ingegneria chimica. Il ragazzino del suo staff, con la faccia tonda tonda. Eppure avevo 32 anni. Bene, dissi, mi faccio crescere la barba. Solo così hanno cominciato a invitarmi a seminari e conferenze. Sono diventato un altro per il mondo delle imprese e per il mondo universitario. Hanno cominciato a chiamarmi professore. Grazie alla barba sono diventato il professor Nicolais». Il ministro che ora può spegnere il cellulare.

(Repubblica Napoli, 21 maggio 2006)

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