venerdì 10 marzo 2006
La Ferrari napoletana
Quando Schumacher si ferma ai box, Michele sa cosa fare. In un angolo ha già preparato il treno di gomme, quello tocca a lui, e a lui tocca pure sistemare la ruota anteriore sinistra. Tutto sul filo dei secondi, lungo i brividi che la Formula 1 si concede ai pit stop. Michele Emozione, 32 anni, da Scampìa a Maranello. Uno che non gira intorno alle parole. «La Ferrari mi ha salvato. Se non avessi avuto questo pallino in testa, forse ci sarei cascato anch'io». Cascato nelle tentazioni dannate che hanno inghiottito le vite dei suoi amici.
«Ne ho visti tanti perdersi. Ho visto gente che ha provato a venirne fuori, a scappare, a cercare un'occasione al Nord, ma non abbastanza forte da soffrire per rimanerci. Non ce l'hanno fatta. Sono ricaduti nella droga e nelle rapine. Io no. Io avevo la Ferrari». La Ferrari nella testa. In cima ai suoi pensieri di maniaco dei motori. Un sogno da inseguire anima e cuore. Lo stesso degli altri quattro napoletani che ora lavorano lì, con la tuta rossa del "cavallino" addosso. «Eppure, la mia Scampìa - racconta Michele Emozione - è tutto sommato diversa dall'immagine generale. Vivevo in un parco privato, con la videosorveglianza, un'oasi. Ancora oggi, quando torno dai miei, se non mi riconoscono, quasi non mi fanno entrare. Mi sono diplomato in ragioneria, sono stato elettricista, ma se non avessi avuto la voglia di arrivare a Maranello, chissà come me la sarei passata. Quando cerchi un lavoro, e si fanno avanti con offerte economiche, devi avere tanta forza dentro per dire di no». Casa Emozione, lì la forza non manca. Papà Pasquale, mamma Adele e tre figli maschi. Fabio è carabiniere, Michele è in Ferrari, Nando sta per arrivarci. Ha presentato domanda per un colloquio. «Smetteranno di chiamarmi Emozione unica», scherza Michele, per 4 anni impegnato all'assemblaggio del motore, per altri 8 mesi aggregato alla squadra test, e ora in pista, scaraventato nel vivo del Mondiale già nel Bahrein. «Tanta palestra, e poi ci alleniamo un'ora al giorno al cambio ruote, dal mercoledì alla domenica». In più è l'autista di uno dei camion rossi da 16 metri su cui la Ferrari sposta magazzini, uffici e laboratori in giro per il mondo, aiuto gommista e uomo squadra. «Uno che scatta in piedi al primo lavoro che spunta e che si fa voler bene», dicono di lui. E' dietro la pista che invece lavora Roberto Cunti, 37 anni, napoletano di Fuorigrotta. Il suo regno è l'hospitality suite del paddock, dove la Ferrari riceve a ogni Gran Premio gli ospiti d'onore, i propri e quelli degli sponsor. Si parte in Bahrein, verosimilmente tra emiri e sceicchi. Un ragazzo con un passato da sportivo. Racconta: «Ho giocato una dozzina d'anni a pallavolo, con la Partenope». Modena, poi. Dove arriva per fare il team manager della squadra femminile di volley. Da lì il passaggio a Maranello, con un ruolo tra area marketing e relazioni pubbliche. E' napoletano anche il primo uomo ad aver offerto a Valentino Rossi un casco Ferrari. Si chiama Raffaele Amoruso, 45 anni, in Emilia da un ventennio per seguire i suoi genitori. «Sono cresciuto col mito Ferrari». Si occupa dell'abbigliamento dei piloti, quelli ufficiali e i collaudatori. «Ognuno ha la sua piccola mania e la sua scaramanzia«. Poi un giorno è arrivato a provare Valentino. «Il suo primo casco è stato tutto rosso. Doveva restare un segreto. Non ne parlai neppure a casa. Mio figlio seppe dai giornali: papà, ma è vero? Ma no, credimi, tutte storie che si inventano, gli risposi». Era vero. Valentino era stato lì, e il primo casco gliel'aveva dato lui. «Una bugia necessaria. Quando i test sono diventati di dominio pubblico, mio figlio mi ha guardato storto». Nel team che segue la gara sta per mettere piede anche Pasquale Paparo, napoletano di San Sebastiano al Vesuvio. E' in Ferrari da 6 anni. Un mago della carrozzeria, dicono. «Un altro di quelli - raccontano - che ha sempre la soluzione pronta a ogni problema che spunta». Manipolazione della macchina, riparazioni, montaggio. Per ora è nella squadra di meccanici che lavora ai test, ma la promozione è in arrivo, anche perché in casa Ferrari i successi si costruiscono anche con il principio della rotazione. Una squadra, un obiettivo. «Per me la Ferrari era un sogno sin da ragazzino: sono un appassionato di kart», racconta Flavio Cocciolo, napoletano di Pomigliano d'Arco, responsabile del carburante durante i test. Per 5 anni è stato il gommista di fiducia di Schumacher. «Un signore, magari tutti i piloti fossero come lui. Con noi del team ride e scherza». Nella corsa al Mondiale dei motori, c'è anche Napoli.
Michele Emozione, 32 anni, napoletano di Scampia, diplomato in ragioneria. è addetto al cambio della ruota anteriore sinistra ed è l'autista di uno dei camion rossi con cui la Ferrari si sposta.
Roberto Cunti, 37 anni, napoletano di Fuorigrotta. Si occupa dell'hospitality alla suite del paddock Ferrari. Ex pallavolista con la Partenope, poi team manager del Modena volley femminile.
Raffaele Amoruso, 45 anni, napoletano trasferito a Modena da un ventennio. Si occupa dell'abbigliamento dei piloti ufficiali e dei collaudatori. Ha seguito anche Valentino Rossi nei recenti test.
Pasquale Paparo, napoletano di San Sebastiano al Vesuvio. Lavora alla manipolazione sulla macchina: riparazioni e montaggio della carrozzeria. Dalla squadra test passerà al team di gara.
Flavio Cocciolo, napoletano di Pomigliano d'Arco. è stato il gommista di fiducia di Schumacher per 5 anni, ora si occupa del carburante durante i test e le prove.
Repubblica Napoli, 9 marzo 2006
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