mercoledì 27 marzo 2013

Io sono il calciatore misterioso

Come cambia la vita quando un pallone ti fa guadagnare un milione e mezzo di sterline l'anno. Come si naviga fra i tabloid e il sesso facile, procuratori avidi e manager incapaci. E come dopo un decennio di tutto questo si possa cadere in depressione. «Molte di queste storie non dovrei neanche raccontarvele», ammicca l'anonimo autore di Io sono il calciatore misterioso (Isbn edizioni, 185 pagine, 19,90 euro) da oggi in libreria. Ed è un titolo che si aggiunge al filone florido delle autobiografie sportive: solo pochi giorni fa Simon Kuper sul Financial Times ha definito quella di Ibrahimovic un grande racconto di immigrazione, accostandola addirittura al Lamento di Portnoy di Philip Roth. Ora arriva in Italia questo piccolo fenomeno inglese, un volume nato da una rubrica tenuta per il quotidiano Guardian da un calciatore senza identità. Un ragazzo della working class, un padre che lo incoraggia a leggere Shakespeare, lui che arriva da giovane in una grande squadra e capisce come funziona uno spogliatoio: siede ignaro su una panca dove non doveva, troverà le sue cose sparse tra corridoio e doccia, gli ruberanno il telefono per mandare sms sconci all'allenatore.


Un mondo vuoto, a tratti cupo. Ragazzi delle giovanili che vivono al di sopra delle loro possibilità per imitare le stelle. Calciatori che cambiano squadra ogni anno per moltiplicare bonus e buonuscite. Proprietari di club dalle fortune immense verso i quali "non ci si deve mai sentire in colpa a chiedere ingaggi esorbitanti". Un mare di aneddoti. Come quella volta che Mourinho minacciò con il suo Chelsea di disertare la foto con lo sponsor perché non erano previsti omaggi: i calciatori al ritorno trovarono la casa piena di elettrodomestici. E' una Premier League assai poco cool. Un campionato che nei suoi magnifici stadi nasconde spogliatoi pieni di comfort per la squadra di casa e malridotti per gli ospiti: molti avversari, dopo una sconfitta, li sfasciano. Un mondo in cui, scrive il calciatore misterioso, un gay farebbe bene a non considerare mai la scelta dell'outing. «Rivelereste di essere omosessuali sapendo di dover poi viaggiare per tutto il paese e giocare a calcio davanti a decine di migliaia di persone che vi odiano? Io no». E cita la battuta di Cassano agli ultimi Europei. Un mondo in cui tutti frequentano gli stessi posti, Ibiza non va più, per gli eccessi si vola a Las Vegas, dove in un night puoi sfidare uno del Barcellona a un'asta a base di champagne per avere una ragazza al tuo tavolo. Il vizio dei vizi è scommettere. Sui cavalli, sulla Champions, da due computer insieme. Il calciatore misterioso racconta l'ingenuità con cui giudicava quel compagno di squadra al quale capitava di lanciare sempre in fallo laterale il primo pallone toccato dopo la palla al centro. Poi scoprì che sulla prima rimessa laterale ci scommetteva, s'era costruito una fortuna. «Alcuni dei giocatori d'azzardo più accaniti giocano nelle grandi squadre». Cita Mancini come un lucido stratega della panchina, accenna a un Paolo "attaccante straniero, cane sciolto" che potrebbe essere Di Canio, definisce Ronaldo un cascatore e Terry un intimidatore di arbitri. In Inghilterra partì a suo tempo la caccia all'autore. Di lui si sa che ha giocato in Premier (chi dice al Liverpool, chi al Blackburn, al West Ham) ed è stato chiamato in nazionale. E' nato un sito internet in cui si incrociano gli eventi raccontati per trasformare gli indizi in un nome. Kitson, Crouch, Nolan, chi lo sa. Di sé racconta di essere stato in analisi, al terapeuta rispondeva con frasi tratte dal disco dei Pink Floyd The Dark Side of the Moon. Poi un giorno ha fatto un gran falò dei suoi ritagli di giornale, liberandosi pure di tutte le maglie degli avversari che aveva collezionato. Apocalypse Football. Allora la sola salvezza è accostare il naso al cuoio di un pallone, per scoprire che odora ancora "di tempi felici e consuetudini".

(Repubblica, 26 marzo 2013)

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