giovedì 2 settembre 2010
Le bugie dalle gambe corte
Se fosse una fiaba americana, chissà cosa ne avrebbero tirato fuori. Loro. Gli americani. Infatti ci hanno provato. Ad appropriarsene. Sono molti in giro quelli convinti che Pinocchio sia una storia che arriva da lì. Per via del film di Walt Disney.
Se Pinocchio fosse americano, la sua Collodi non sarebbe come la nostra. Quella vera. E il suo parco tematico in America non sarebbe come quello che c'è davvero a Collodi, poco distante da Pescia, una dozzina di chilometri da Lucca.
Un posto molto triste. Dove si paga più che per entrare al Louvre. Ma le giostrine non sono comprese nel prezzo. E non ci va nessuno. Non per spilorceria. Perché sono peggiori di quelle che si trovano nello spiazzale sul lungomare del più sperduto paesino del sud. Però le chiamano giostre d'epoca. Al parco di Pinocchio di Collodi neppure i gabinetti sono adatti ai bambini. C'è qualche scultura che spunta dai cespugli qua e là, un pescecane con la bocca spalancata, la casetta della fata (chiusa).
E il laboratorio? Parliamone. Il laboratorio consiste in una signora annoiata (o almeno era annoiata quando ci sono entrato io) che invita i bambini a colorare un disegno su un cartoncino, promettendo poi di farne un naso finto. I pennarelli sono scarichi (o almeno erano scarichi quando ci sono andato io). Ne ha anche di pronti. Dico i nasi. Li vende a un euro e mezzo. Se un bambino li tocca, lei lo sgrida con un sorriso finto. Il laboratorio.
Si salva il cantastorie: racconta Pinocchio coinvolgendo i bambini sul palcoscenico. Per i filologi della fiaba si consiglia l'angolo ristorazione: toast, panini e temperatura della birra, questi sì, sono d'epoca. Devono evidentemente risalire all'anno della pubblicazione del romanzo. Un chiaro omaggio al 1883.
Il parco è segnalato in molte guide di luoghi adatti ai ragazzi. Vengono pure molti stranieri a visitarlo. Poi dice che uno va a vedere Shreck.
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