martedì 19 settembre 2000

La festa di Miano per Maddaloni


LA baldoria delle periferie ha sempre le stesse facce. Miano urla di gioia come vent' anni fa fecero Poggioreale e Secondigliano per gli ori di Oliva e Pollio. Riscatto, dicono. Riscatto dalle etichette infami che si trova incollato addosso pure chi non le meriterebbe. «Portami una medaglia. Non per me, per il quartiere: così ho implorato mio figlio prima che partisse», racconta mamma Caterina, una donna dal viso lungo, i capelli lisci e neri, il ritratto d' una napoletana antica, non fosse per il piercing alla narice destra. Il batticuore le mozza le parole fino a sera. «Pino mi chiama il suo angelo custode. Però stavolta gli ho dovuto dire una bugia. Voleva che vedessi la gara in tv. Non ce l'ho fatta».


Non ce l' ha fatta neppure Laura, la sorella di vent'anni, campionessa italiana di judo col sogno d'andare ai Giochi di Atene del 2004. Se n'è stata in palestra ad allenarsi. La palestra è quella di casa, lo Star Club, un cancello rosso che si spalanca al civico 137 di via Miano, il guscio d'un campione semplice che la Napoli distratta dallo sport miliardario neppure immaginava di avere. Qui i Maddaloni sono i re. Giovanni, un impiegato nell'amministrazione del Policlinico, sfoga la sua vecchia passione e offre consigli da ex judoka. È il maestro. Caterina, sua moglie, fa da segretaria e si sobbarca le pulizie nei 300 metri quadri del locale. S'è rassegnata a lasciarsi invadere la vita dal judo. Ha cucito lei il primo kimono a Pino, quand'era solo un bimbo di tre mesi. Laura s'allena e dà le prime lezioncine. Marco, l'ultimo di casa, 16 anni, studia da ragioniere e già vince nella categoria Cadetti. «Papà vorrebbe vedere anche me ad Atene. Mi sa che è troppo presto». Non solo. Papà Giovanni vorrebbe vedere pure una palestra più grande. «Con l'aiuto del Comune, farebbe pagare a tutti solo 10.000 lire».

Sono ottanta i ragazzi che frequentano lo Star, il più piccino è Salvatore, 4 anni non ancora compiuti. Quand'è a Napoli, Pino allena i sedicenni. Insegna i trucchi che impara in gara. Insegna pure quali sono i veri sacrifici, lui che una notte s'è letto la storia degli scugnizzi impegnati nella Resistenza contro i soldati tedeschi, nelle 4 Giornate di Napoli. «Facciamo opera sociale. Se una mamma accompagna tre figli, paga solo per uno. Se non hanno soldi da buttare giura mamma Caterina l'abbigliamento lo regaliamo noi. E al di sotto d'una certa età, non c'è retta. Li prendiamo per non farli stare in strada. Più di quel che facciamo, non possiamo». In strada, ieri, c'era l'intero quartiere, con un immenso tricolore srotolato sul cancello rosso della palestra e piccoli trac sparati sull'asfalto. «La festa vera durerà tre settimane, appena rientra Pino. Sarà come l'antica Piedigrotta», annunciano orgogliosi. L'oro di Sydney sarà a casa fra una settimana, in tempo per i 25 anni di matrimonio dei suoi genitori. «Non lo vedo da un mese. Sto sempre in ansia quando non c'è», si sfoga donna Caterina. Tira fuori vecchie fotografie, stringe mani, abbraccia le mamme dei piccoli allievi corse in palestra a dividere la gioia. «Pino sei tutti noi», c' è scritto sul cancello dello Star, non distante dagli alloggi popolari del rione in cui i Maddaloni vivono. Riscatto, dicono. «C'è qualcosa di buono anche qui, visto? Invece ci dipingono come i peggiori fra i peggiori». Arriveranno i telegrammi e le congratulazioni ufficiali (ieri quelli del sindaco Marone), forse pure le promesse per un futuro meno disagiato. Gli ori di periferia finiscono sempre così, prima che le luci si spengano, inghiottendo i sogni.

(Repubblica Napoli, 19 settembre 2000)

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