Il primo capitolo per la strage di Ustica, l'ultimo per il Mundial argentino dei desaparecidos. In mezzo ci sono i chilometri corsi in scarpette bullonate su prati e campi in terra battuta da Sergio Mari, mediano della Cavese che abitava a 100 metri dallo stadio di Salerno, e che dopo un derby di botte e lacrimogeni, impose alla polizia il suo diritto di tornare a casa a piedi: «Nove secondi esatti». Ci sono le sue 600 partite dentro le 120 pagine di "Quando la palla usciva fuori" (Gutenberg Edizioni); con i direttori sportivi che parlavano solo in milanese, il Super Tele e il Super Santos, le odiate "stelle" della Roma che rubavano attenzioni e ragazze in ritiro. Il sesso di nascosto, i libri letti mentre i compagni giocavano a carte, i film scoperti grazie all'amico Marco (Pecoraro?). E poi gli incontri speciali: Fabrizio Zamparutti, terzino della Centese, gli fece conoscere il minimalismo americano. Mari racconta i luoghi più tristi frequentati in ritiro e gli stadi più bizzarri. Come Melfi, dove per battere un calcio d'angolo bisognava aprire un cancello dietro la bandierina, dargli una spinta e prendere la rincorsa prima che si chiudesse. «Mi sono laureato in calcio d'angolo», ha scritto. Dal libro ha tratto uno spettacolo teatrale, in scena a Roma la settimana scorsa. In ogni città cambia il finale. A Roma si chiude con il suicidio di Di Bartolomei; a Cava finirà con un omaggio a Signorini. Paolo Sollier, l'ala anticonformista del Perugia, gli ha detto: «Mandami il libro: se mi piace ti scrivo la prefazione». L'ha scritta.
(Repubblica Napoli, 15 maggio 2008)
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