Quante cose è stato, tutte insieme, nell'unico posto al mondo che l'ha reso martire e sovrano, dove si vive toccando il cielo e ci si converte in un secondo al pessimismo. La città che prima mise un suo capello sotto una teca nella vetrina di un bar e poi rinchiuse direttamente lui sotto una cappa morbosa di venerazione. La città che lo ha costretto a vivere di notte e che in periferia gli aveva intitolato una Rotonda. La città che lo ha trattato come una divinità, mai come un divo, venerandolo più dei suoi cinquantadue santi patroni e il loro sangue sciolto. La città che quando giurava diceva ha da muri' mammà, iniziò a giurare su Diego Maradona, detto qualche volta O Nennillo, come il bambino Gesù, oppure O Masto, il maestro, per i più anziani la parola che indica il datore di lavoro, dunque il guadagno, il benessere, la riconoscenza. Era Diego, semplicemente. Diego solo con il nome, alla maniera di Eduardo, anzi come Eduardo diceva che meritassero di essere chiamati i re e i parrucchieri. È stato anche Dieco, con la c, anzi Thiechíto. È stato il nome di battesimo per 527 bambini nati in città, provincia esclusa, in quei 7 anni irripetibili, 12 dei quali Diego Armando e uno per intero Diego Armando Maradona. Fa il pizzaiolo in un comune nei pressi del Vesuvio. Vengono ancora gli inviati dall'estero per parlare con lui.