domenica 10 dicembre 2017

Chiaroscuro di Ronaldo e di un'era del calcio

Fa una certa impressione scorrere la lista dei vincitori, contare i palloni d'oro di Cristiano Ronaldo e accorgersi che sono gli stessi di Eusébio, Zidane, Best, Ronaldinho e Roberto Baggio messi assieme. Se non fosse mai cambiato il regolamento – fino al 1995 potevano essere premiati solo calciatori europei – i trofei sarebbero dieci. Con la formula attuale è stato stimato che Pelé, nei suoi anni migliori, sarebbe arrivato al massimo a sette. Perciò o siamo davanti a un altro che è meglio ' e Pelé, oppure c'è qualcosa di profondamente mutato nei nostri occhi, nella maniera in cui abbiamo guardato il calcio in questi anni.
È la collezione di premi che spinge a farsi delle domande. Su noi stessi, non su di lui. Nessuno poteva negare il titolo di più bravo del 2017 all'uomo dei due gol in finale di Champions. Ronaldo è un accumulatore di gol e di esultanze uguali, uguali e globali, il saltello, le gambe larghe, le braccia spalancate; un moltiplicatore di attimi gloriosi per sé e per i suoi. È un calciatore che corre lungo la linea di mezzo fra spavalderia e arroganza, guadagna 84 milioni l'anno ma non ha smesso di voler diventare qualcos'altro rispetto al giorno prima, qualcosa in più. Chiamiamola umiltà, applicazione, forse ossessione. È diventato nel tempo una religione mediatica da 300 milioni di fedeli al mondo sulle reti social. I cristiani ortodossi, per intenderci, sono di meno.


Perciò dentro una squadra che alza la Coppa cerchiamo la sua faccia. Per questo fra i suoi cerchiamo lui anche quando c'entra meno degli altri, come nel 2016, l'anno in cui Real e Portogallo hanno vinto Champions ed Europei grazie ad altri piedi, ma il Pallone d'oro è finito lo stesso in casa sua. Perché questa diarchia che dura da dieci anni - Ronaldo e Messi, Messi e Ronaldo - ha ridotto il calcio da gioco di squadra a ostensione di due brand. Non è industriale, non è vero spettacolo. Nessun attore ha vinto cinque Oscar, nessuna attrice, nessun regista. Ronaldo sì. Per rincorrere Messi. Nel vuoto che riempiamo di parole tra una partita e quella dopo, in questi anni Leo è stato l'eroe che cavalca il cavallo bianco, Cristiano un marchio, CR7, una sigla metallica, un crio-campione corrucciato. È stato l'altro, inseguito pure sulla scena pubblica dalle carenze d'affetto, dal destino di quarto figlio arrivato per caso, un padre assente e alcolizzato, una madre che voleva abortire. « Ogni anno lavoro per aspettare questo momento » s'è fatto scappare ieri mentre prendeva di nuovo il premio che era già il grande assillo ai suoi esordi, tanto che il procuratore Mendes gli mise accanto uno psicologo perché tenesse a freno il suo bisogno di primeggiare.

Quando fra 2010 e 2015 la giuria del Pallone d'oro s'è allargata sotto il cappello della Fifa fino a ct e calciatori di mondi lontani, s'è diffusa la viralità come metro di giudizio. Il calcio delle clip, dei meme, dei vine, il calcio che ha fatto dire finanche a Ronaldinho « 90 minuti mi annoiano preferisco guardare gli highlights». I premi noiosamente spartiti fra i due re si spiegano anche così. Ma la serialità è quasi sempre un limite. Del calcio ci stiamo facendo bastare i lampi, pur meravigliosi, le luci finali degli uomini che si infilano nello spazio, trascurando quelli che gli spazi vedono o inventano se non ci sono. Gli Xavi, gli Iniesta, i Pirlo, i Modric, giocatori classici, analogici, non di frammenti. Se il premio non si fosse snaturato, con il voto della giuria di qualità nel 2010 avrebbe vinto Sneijder. Non sarebbe stato un vincitore indegno Iniesta nel 2012, né Neuer nel 2014 o il Bale incredibile del 2016, votato infatti da Paolo Condò, il solo italiano in giuria.

La cultura degli highlights ha dato il potere esclusivo agli uomini immagine, spazzando il tempo in cui un Nedved poteva farsi preferire a Henry, e un Sammer a Ronaldo il brasiliano. Messi e Cristiano hanno prestato la loro carne allo spirito dei tempi. Due meravigliosi artisti, pericolosamente cannibali del loro mondo.

(la Repubblica, 8 dicembre 2017)

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