Questa di Balotelli è la storia vera. O quasi vera. È una parabola. È la sua biografia camuffata e parallela, raccontata per spiegare cosa sia il razzismo da Luigi Garlando, creatore della serie per ragazzi sulle Cipolline, la squadra di calcio che ha per motto "Chi si diverte non perde mai": 22 titoli, un milione di copie in Italia negli ultimi 4 anni, una serie tv in arrivo per il mercato argentino. Garlando è l'idolo di bambini e pre-adolescenti che l'hanno spinto a inventarsi sul web i Cipo-twit, aggiornamenti dagli stadi, frequentati per lavoro (prima firma del calcio alla Gazzetta dello Sport). Stavolta in "Buuu" (Einaudi Stile Libero, 224 pagine, 16 euro) al posto delle Cipolline c'è Mario, l'attaccante della nazionale. Gioca ancora nell'Inter e non come nella realtà in Inghilterra, dove l'ha spinto anche l'odio che appesta i nostri stadi (il coro "Se saltelli muore Balotelli"). Balotelli è la traccia per parlare di razzismo ai ragazzi. È la versione-calcio di Tahar Ben Jelloun.
Nella storia di Garlando ha appena segnato un gol in rovesciata nello stadio del Real Madrid, quando una sera incontra a Nebbiate un quindicenne in cui viene fantasticamente evocata proprio la vita del bambino Balotelli, figlio di ghanesi, abbandonato in un ospedale e affidato a una famiglia bresciana. Pure il ragazzino di "Buuu" pare recapitato dal nulla, lasciato in paese da un circo, adottato da un pediatra e una veterinaria. In lui si manifesta il simbolo di una «inquietante diversità». Nome: Elio, ma si fa chiamare Jack. Ha una malformazione rarissima, il sangue pigro. Nel senso che non va in salita. Gli casca giù nelle scarpe. Jack può stare bene solo a testa in giù. Vive da capovolto, «come i souvenir con la neve dentro». Sbircia sotto le gonne e saluta stringendo le caviglie e non le mani. Garlando ne fa un discendente di Cosimo, il barone rampante di Calvino. Ama i velluti a coste strette perché danno la sensazione di un abbraccio. Cammina su guanti in cuoio con gomma zigrinata, oppure con piccoli tacchetti di legni per giocare a calcio. Perché la cosa che a Jack riesce meglio è far gol con la sua scalcagnata banda di amici: un cinese, un turco, tutti stranieri. Il gol, come dice Garlando ai suoi lettori (mini e non), ti costringe all'abbraccio: «Tra un buuu e un gol corre la lunga strada della nostra civiltà». È diverso sin dal modo di aprire la bocca. Garlando racconta un mondo fatto di bullismo su YouTube e di follia ultrà. Di insulti, ronde e sindaci sceriffo. Di banane lanciate. Dove serve «un ponte sul futuro». Un mondo in cui Mario aiuterà Jack a trovare un posto là dove non vogliono stranieri in squadra e solo italiani con la testa a nord. Impresa a cui si uniscono Totti, Gattuso e Buffon. In fondo il razzismo è chiedersi se la maglia della Juve è bianca a strisce nere, o nera a strisce bianche.
(la Repubblica, 12 novembre 2010)
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