giovedì 2 dicembre 2010

Un altro scuorno

Con l'immondizia di Napoli di nuovo su tv e giornali, è quasi fatale correre a ri-mettere le mani sul bellissimo libro di Francesco Durante, "Scuorno". Uscì nel 2008, quando il sentimento di vergogna toccò il picco e poi lasciò spazio, non proprio a una speranza, ma almeno a una promessa. Due anni fa non lo lessi. Un po' perché Narrativa batte Saggi 2-0. Un po' perché era piaciuto moltissimo a un tizio che mi sta antipatico. E comunque. Durante è docente della materia più bella che esista: letterature comparate. Ed è stato anche traduttore di John Fante. Leggendo "Scuorno" a due anni dall'uscita, oggi che la cupa cronaca accentua i giudizi malevoli su Napoli e sul sud, si compie veramente un viaggio - diacronico e sincronico - dentro un mondo. Viaggio antropologico, sociologico e linguistico-letterario. Pop e raffinato. Con una lunga serie di citazioni su Napoli (di quelle che in genere mi piace sistemare su Twitter) a puntellare ragionamenti e convinzioni.


Un testo sacro per chi volesse provare a capire cos'è diventata Napoli, quando e perché, "le ragioni per vergognarsi e quelle per chiedere giustizia". Scrive Durante:
E' solo aggiornandolo a questo panorama di macerie che riesco ad apprezzare il famoso grido rivolto nel 1972 da Eduardo De Filippo ai giovani di Napoli: Fuijtevenne! E mi auguro che quell'invito partisse da considerazioni simili a quelle che ho svolto; che soprattutto servisse, cioè, a mettere in guardia i giovani dal rischio di rimanere impaniati in questa ragnatela dei familismi, delle contiguità, dei servaggi attraverso i quali si può comunque stentare un'esistenza, ma pagando l'orribile prezzo che da troppo tempo noi napoletani paghiamo, e che è quello d'essere stranieri in un paese di cui il mondo ha tuttavia consapevolezza quasi soltanto in virtù delle nostre invenzioni e delle nostre disgrazie. I rifiuti, o gli ammazzamenti di camorra, occupano quasi per intero il campo visivo. Si stenta a ricordare che tanta gente, malgrado tutto, continua a vivere, a lavorare, a cercare di costruire con dignità il proprio futuro. E non si pone mente, o lo si fa in maniera distratta e magari perfino stizzita, alla paradossale circostanza che proprio a partire da questa enorme precarietà Napoli riesce ancor oggi a imporre su una scala internazionale il senso e il valore della propria febbrile creatività. C'è il cinema e c'è il teatro, e tanta arte contemporanea, e una vivacissima scena musicale. E forse non c'è in Italia una città che produca più scrittori. E se andassero tutti via?

1 commento:

Mario Piccirillo ha detto...

Bellissimo, lo compro! Soprattutto per capire che significa "diacronico e sincronico"...
Un tuo piccolo e sconosciuto fan