venerdì 1 luglio 2016

Netzer, il tedesco diverso

È STATO il primo tedesco oltre gli schemi, fuori e dentro il campo. Girava in Ferrari, era proprietario di una discoteca, concedeva ai compagni l'onore di correre al posto suo. Portava i capelli lunghi come un olandese e il 10 dietro la maglia quando la Germania vinse il primo Europeo nel ‘72. Guenter Netzer era il raggio di Moenchengladbach dentro il blocco del Bayern. «Ma in Nazionale scoprii che Beckenbauer guadagnava più di me». Così diverso da diventare il primo tedesco nella storia del Real. «Italia- Germania», dice ora a 72 anni, «è una partita che il calcio non si stancherà mai di guardare».

Netzer, si aspettava un'Italia così?
«Potrà sembrare un paradosso. Non me la aspettavo ma non sono sorpreso. L'ho vista giocare contro il Belgio e me ne sono innamorato. Sono diventato un tifoso di Conte, del suo lavoro, della sua capacità di creare una squadra. Sa cosa vuole, sa dove andare, sa come andarci. È uno di quei pochi allenatori a ricevere in dono dai propri calciatori la totalità dei loro gesti. Credono in lui perché lui crede in loro ».
Si dice ci sia poca qualità. È d'accordo?
«La vostra storia si identifica con il catenaccio, perciò quando l'Italia difende bene si tira fuori quella parola. Ma sono due cose diverse. Saper difendere è un pregio, non il segno di una squadra mediocre. Questa Italia non pensa solo a spezzare il gioco avversario. È micidiale in contrattacco, ma non vive di quello. Cerca l'altra porta. Ha meccanismi semplici ma evidenti. Ci sono nazionali che mettono assieme i migliori giocatori del paese, la vostra ha messo insieme i migliori per affrontare questo mese in questo modo. Conte è stato molto astuto».
C'è stata ironia sul tabellone. È una partita che arriva troppo presto?
«Gli incroci inattesi fanno parte del gioco. Ai Mondiali del '74 ero infortunato e andai poco in campo. Per molto tempo non ho sentito quel titolo come mio. Giocai solo 20 minuti con la Germania Est e perdemmo. Ma quella sconfitta imprevista ci permise di evitare Olanda e Brasile al turno successivo. Allora mi sono detto che anch'io ho dato il mio contributo».
Le piace questa nuova Germania così latina?
«Abbiamo giocatori fantastici, che saltano l'uomo e che divertono. Negli ultimi dieci anni lo stile della Germania è cambiato. Ma non è questo a renderci grandi. Le squadre non si fanno con i colpi. Conta la personalità. A volte servono anni per creare un'armonia, anche se tempo non ce n'è mai. Allora alcuni allenatori fanno scelte che possono sembrare incomprensibili. Aprono le porte a giocatori meno dotati ma di personalità. Sono gli acceleratori di armonia ».
Come definirebbe la personalità?
«La personalità è quell'ombra che ti circonda e di cui si accorgono gli avversari quando nel silenzio degli spogliatoi stai per entrare in campo. Italia- Germania è la partita più adatta a spiegarlo. Abbiamo vinto il vostro stesso numero di Mondiali e il triplo degli Europei, ma a Mondiali ed Europei non vi abbiamo mai battuto».
Esiste un motivo?
«Esisterà, ma non c'è un solo tedesco che lo conosca, altrimenti immagino che avremmo trovato un rimedio. Forse il vostro stile non si addice a noi, forse esiste qualcosa che ignoriamo. Siete bravissimi a proteggere il segreto. Ma questa maledizione non durerà in eterno».
Crede che sabato sia il giorno giusto?
«Ogni volta che perdiamo dall'Italia ci chiediamo come sia potuto accadere, ci diciamo che non si ripeterà più. Poi risuccede. Non per fare il diplomatico: non sono sicuro che sia giunto il momento. A me pare che l'Italia stia meglio della Germania. Ho una sola certezza. Sarà una partita bellissima».

(su Repubblica, 29 giugno 2016)

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