domenica 9 novembre 2014

Il duello su Eduardo


Giovedì scorso sul Mattino, il maestro Roberto De Simone ha scritto un articolo che aveva per titolo "Luci e ombre del mito chiamato Eduardo". Un'analisi molto severa sull'opera di Eduardo, vestita da rivisitazione critica, secondo me piena di passaggi incongruenti e con un fastidio, come dire, ideologico-politico. 
Oggi, sempre sul Mattino, il maestro Nicola Piovani scrive una replica che per usare le sue parole smonta tutti gli "argomenti zoppi" usati da De Simone, ribadendo quale sia stata la grandezza di Eduardo, il suo lavoro di rottura con una tradizione farsesca locale, il suo merito per aver internazionalizzato e reso universale il teatro che partiva da Napoli. Il titolo del pezzo di Piovani è "Quelle gelosie per il genio di Eduardo". 

Eduardo fu uno shock. Arriva sulla scena quando Napoli è esclusivamente Funiculì funiculà. Racconta al mondo che esistono napoletani cattivi, che la famiglia può essere uno dei peggiori incubi, dove si nascondono tensioni pericolose, assassine, racconta un ceto sociale (la borghesia, piccola media alta) prima ancora che un popolo. Scrive personaggi dal profilo feroce, controverso. Rende il teatro napoletano un teatro d'autore, lo porta da un'altra parte. Guarda a Ionesco, a Gogol, a Pirandello. Supera la tradizione e indica la strada a chi viene dopo di lui (ed è questo che a De Simone non va giù). Eduardo fa a teatro negli anni '40 quello che Pino Daniele e Napoli Centrale faranno nella musica negli anni '70. Totò è il frutto della tradizione farsesca, Troisi sceglierà di prendere il filo di Eduardo.


Qui sotto trovate comunque i passaggi principali del duello e i link agli articoli completi.

De Simone
Le recenti celebrazioni defilippiane, a trent'anni dalla morte dell'attore-drammaturgo, avrebbero potuto mettere in atto una rilettura storica e critica della produzione eduardiana, ed invece dànno luogo a una atrofizzata liturgia encomiastica, prodotta da una asfittica napoletanità incapace culturalmente di collocarsi nel presente e di valutare nella contemporaneità o nelle proiezioni future quegli elementi atti a superare il sentimentalismo dei tempi trascorsi e inserirsi in un contesto di lucido giudizio.

Piovani
Ha operato guardando a prua, e non con la testa rivolta all’indietro. È partito da quella grandiosa tradizione, che conosceva come pochi altri, per inventare un teatro in grado di parlare a mezzo pianeta, come testimoniano le decine di traduzioni in decine di lingue e le rappresentazioni che ogni giorno si danno nel mondo delle sue commedie; e come testimoniano le turnée trionfali della compagnia di Toni Servillo in Europa e in America. Tanti sono i luoghi comuni sul teatro eduardiano perbenista, conciliatorio, o addirittura buonista, per riferire un tristo neologismo. Un teatro che invece alle mie orecchie “straniere” risulta pervaso di acidulo pessimismo, spietato anti-familismo, amaro anti-moralismo, dimensioni del tutto assenti nella magica tradizione scarpettiana. 

Nessun commento: